una storia, una notizia, o qualunque cosa valga la pena di essere raccontata



lunedì 23 marzo 2015

Il calcio a Sorrento: Settant'anni di storia



[Quella volta che...Mario Damiano lanciò la radiolina all' arbitro. Prima però tolse le pile.]


(..)Nell' anno della serie B tante furono le amarezze per la squadra rossonera, che lamento' anche una certa avversione da parte degli arbitri, dopo una sconfitta al San Paolo con la Lazio per 1-0. Nei minuti finali, l' arbitro Torelli di Cormons annullo' ai rossoneri il gol del pareggio, scatenando la protesta del super tifoso Mario Damiano, che reagì così all' annullamento di quel Gol: lanciò in campo la sua radiolina portatile.....dopo averne tolto le pile.
"Non avrebbe fatto meglio a tirare le meno costose pile?", la domanda sorge spontanea. Dopo tanti anni, Damiano ha sciolto l' enigma: incavolato oltre misura, lanciò la radio e conservò le pile per avere altre 'munizioni' da utilizzare nelle sue proteste.



[ Il calcio a Sorrento: Settant'anni di storia - di Antonino e Gianni Siniscalchi]

venerdì 20 marzo 2015

Proserpina la LEGGENDA della PRIMAVERA



Proserpina, con te ritorna la Primavera.
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Una famosa leggenda narra che la Primavera è il segno che sulla Terra ha fatto finalmente ritorno dagli inferi Proserpina, figlia di Madre Terra e sposa dell’aldilà, che simboleggia la vita e la natura che rifioriscono dopo la gelida stagione invernale.


Proserpina, figlia di Cerere, si recava spesso nei prati a cogliere splendidi fiori. Un giorno però, mentre era incantata dalla bellezza di un narciso sotto le pendici dell’Etna, comparve su un carro d’oro trainato da due cavalle Ade (o Plutone), il signore degli Inferi, che si invaghì di Proserpina desiderandola come sua sposa. Per questo motivo rapì la fanciulla che venne disperatamente cercata per giorni da Cerere che, dopo aver saputo la verità, decise di non occuparsi più della terra e dei suoi frutti causando periodi di di siccità, carestie e pestilenze.

La situazione divenne tragica: si moriva di fame, il raccolto non maturava e i fiori non sbocciavano. Gli uomini chiesero aiuto a Zeus che aveva il compito di far tornare da Cerere la figlia, ma Ade per tenere con sè Proserpina le fece mangiare un chicco di melagarana, simbolo di amore eterno.

Zeus, fratello di Ade, commosso da Cerere e dalla disperazione di troppa gente, decise di far rimanere per due terzi dell’anno Proserpina nel mondo dei vivi, lasciandola nel mondo dei morti durante l’autunno e l’inverno.


Con l’arrivo sulla Terra di Proserpina dunque, i germogli ritornano, il grano matura ed i ciliegi fioriscono perchè Cecere, divinità materna della terra e della fertilità, per la gioia di poter riabbracciare la figlia cosparge la terra di fiori.

fonte VESUVIOLIVE.IT

giovedì 19 marzo 2015

Charles Sifford,il golfista che mando' in buca il razzismo.





                    Addio a Charlie Sifford, primo afroamericano nel golf

Charlie Sifford,  è stato il primo golfista afroamericano a far parte del circuito professionistico,  morto all'età di 92 anni a Cleveland, in Ohio, un mese dopo aver subito un ictus. A lui si deve la fine della segregazione razziale nel golf professionistico. Nato nel 1922 a Charlotte, in North Carolina, cominciò a lavorare come caddy a 13 anni. Poi, iniziò a partecipare ai tornei per i giocatori di colore, che erano esclusi dalla Pga of America, l'associazione dei giocatori professionisti. Sfidò il divieto per la prima volta nel 1952, quando partecipò ai Phoenix Open grazie all'invito ottenuto dall'ex campione mondiale dei pesi massimi di pugilato, Joe Louis, nonostante le minacce e gli insulti a sfondo razziale.
                             

                           
Nel 1957 Sifford vinse il long beach open, che non era un evento ufficiale del Pga tour, il circuito professionistico, che però era tra gli sponsor; al torneo, parteciparono anche diversi giocatori bianchi molto conosciuti. Nel 1961, la Pga decise infine di eliminare la clausola che prevedeva l'iscrizione solo di golfisti bianchi e sifford divenne il primo membro di colore dell'associazione, riuscendo poi a vincere due tornei, nel 1967 e 1969. Non ha invece mai partecipato al Masters, a cui il primo giocatore nero fu invitato nel 1975.

Addio a Charlie Sifford, primo afroamericano nel golf

Nel 2004 è diventato il primo afroamericano a entrare nella hall of fame di golf; lo scorso anno, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, lo ha premiato con la medaglia presidenziale della libertà, la più alta onorificenza civile insieme alla medaglia d'oro del Congresso, conferita a persone che hanno dato "un contributo meritorio speciale per la sicurezza o gli interessi nazionali degli stati uniti, per la pace nel mondo, per la cultura o per altra significativa iniziativa pubblica o privata" 

REPUBBLICA.IT


Sifford insieme al campione Tiger Woods:
 "Non è un'esagerazione dire che senza charlie e gli altri pionieri che hanno combattuto per giocare - ha detto mesi fa Woods - forse non sarei diventato un giocatore di golf"


 Addio a Charlie Sifford, primo afroamericano nel golf
 (ap)

lunedì 16 marzo 2015

BILL SHANKLY,He made the people happy.

«Il calcio non è niente ma è tutto per la gente di Liverpool. Quello che facciamo il sabato dà uno scopo e un senso ai lavoratori. Perché il calcio è lo sport dei lavoratori».

BILL SHANKLY, l' uomo del popolo che rese felice la KOP


Alcuni credono che il calcio sia una questione di vita o di morte. Sono molto deluso da questo atteggiamento. Vi posso assicurare che è molto, molto più importante di quello.
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"Sono un uomo del popolo".Poche parole, incisive, dirette, dure. Come il protagonista di questa storia. Uno scozzese testardo, nato in miniera e divenuto uno scouser fino all’ultima goccia del suo sangue. Un allenatore avanti anni luce rispetto alla sua epoca, un precursore del gioco e un fine psicologo. Un eroe della sua gente. Un eroe del popolo. Un eroe del Liverpool Football Club. L’eroe in questione è quello che, a braccia larghe e pugni stretti, ti accoglie all’esterno di Anfield, appena fuori il museo.L’eroe in questione è Bill Shankly, l’allenatore più amato dalla Kop. Un uomo del popolo.
He made the people happy. Queste sono le parole incise sotto la statua di Bill Shankly. Si, perchè di felicità avevano bisogno le persone di Liverpool, in quel disastroso 1959. Di felicità e di speranza. Perchè la situazione non era delle migliori, e la gente del Merseyside aveva bisogno disperatamente di aggrapparsi a qualcosa. Quasi sempre, quel qualcosa indossava una maglia rossa e giocava le sue partite ad Anfield Road. E in quel disastroso 1959, la felicità era ben lontana dal poter essere soltanto immaginata. Il Liverpool Football Club navigava nei fangosi bassifondi della Second Division. L’ultimo trionfo in campionato datato 1947. La speranza di rivedere i Reds alzare un trofeo sempre più flebile. Serviva un uomo forte, un uomo abituato a lottare, faticare, sudare, anche e soprattutto dalla panchina.


Quell’uomo, i dirigenti del Liverpool, se lo andarono a prendere ad Huddersfield, là dove la vita aveva portato Bill Shankly. Bill Shankly che al Liverpool arriva. Vede. Osserva. Valuta quello che gli piace e quello che non gli piace. Riassumendo, in breve. Cose che gli piacciono: la Kop, le maglie rosse, la gente di Liverpool. Cose che non gli piacciono: tutto il resto. Bill Shankly arriva al Liverpool Football Club, vede, osserva, prende nota, comunica le sue decisioni. Piazza pulita di tutti gli elementi che non ritiene adatti al suo progetto. Alla fine della prima stagione saranno 24. Fa sistemare il campo di allenamento, impone i suoi metodi di allenamento, rivoluzionari per l’epoca. Soprattutto, impone che si corra, tanto. Come piace a lui. Fa costruire delle gabbie particolari in cui i suoi giocatori possono esercitarsi nei passaggi, possono migliorare il loro controllo di palla. Indossa i calzoncini e le scarpette, e gioca con loro.



Gli scousers lo amano dal primo giorno. E’ amore a prima vista, tra lui e la Kop. Amore incondizionato e, soprattutto, ricambiato. Certo, non proprio dal primissimo giorno, forse. L’esordio di Bill Shankly sulla panchina di Anfield viene salutato da un rotondo 0-4 contro il Cardiff. Quasi a preannunciare che la strada per la risalità sarà ripida e tortuosa. Shankly vede, osserva, distrugge per poi ricostruire. Sceglie i giocatori più adatti al suo gioco, ma soprattutto quelli che ritiene abbiano le qualità mentali per far parte dei Reds. Roger Hunt, Ian Callaghan, Ron Yeats, Ian St. John. Il Santo, che esordì con una tripletta all’Everton in un trofeo amichevole, fu l’uomo decisivo per la risalita. Nel 1962, finalmente, il Liverpool era tornato nel posto che gli spettava. In First Division.

Stagione 1963-64. Il Liverpool ritorna in vetta alla First Division. E ci resta fino alla fine. I Reds tornano campioni d’Inghilterra, Bill Shankly ha conquistato il titolo. E’ lui l’artefice della risalita e della vittoria del titolo, ma non ne vuole sapere di prendersene i meriti. «Per me il socialismo vuol dire lavorare per gli altri e dividere con loro i risultati. E’ il modo in cui intendo il football, è il modo in cui intendo la vita». E proprio la voglia di sacrificarsi l’uno per l’altro, la grinta messa in campo, l’umiltà nell’approcciare qualsiasi incontro, sono le chiavi del ritorno del Liverpool ai vertici del calcio inglese e poi europeo. Uno spirito combattivo, lo spirito di chi ha dovuto vedere il buio prima di tornare a vedere la luce. Lo spirito dei minatori, quello che anima l’uomo Shankly.

E poi ci sono le intuizioni geniali del motivatore Shankly. 25 novembre del 1964. Il Liverpool campione di Inghilterra affronta l’Anderlecht ad Anfield. Gli avversari sono forti, fanno paura. C’è bisogno di qualcosa che li spaventi, che gli faccia temere il muro rosso della Kop. Semplice, pensa Bill. Il Liverpool indossa, oltre alla solita maglia rossa, anche i pantaloncini dello stesso colore. Il muro della Kop è sceso in campo. I Reds, da quel giorno, fanno paura, rossi come il sangue. Bill Shankly vince altri due campionati, due FA Cup. Il Liverpool è di nuovo sulla mappa del calcio inglese. Ora bisogna riportarlo sulla mappa del calcio europeo.

La Coppa dei Campioni sfugge sempre, come un’utopia sulla quale Bill Shankly non riuscirà mai a mettere le mani. Il Liverpool però, nel 1973 si porta a casa la Coppa UEFA, finalmente. I giocatori stanno festeggiando la fine di quella gloriosa stagione davanti al proprio pubblico. Come spesso accade, anche Bill va a raccogliere l’abbraccio della Kop. La gente è tanta, Anfield straborda. Bill adora, di tanto in tanto, mescolarsi con la sua gente. Ma oggi, proprio non può farlo. Compie il giro di campo insieme ai suoi ragazzi. Dalla Kop volano sciarpe come se piovesse. Una stupenda pioggia rossa. Un poliziotto, con i piedi, sposta una di quelle sciarpe che stavano in terra. Bill Shankly si avvicina al poliziotto. Con l’autorità di chi può permetterselo, perchè il padrone di Liverpool è lui. «Non farlo mai più. Per te è solo una sciarpa, per un ragazzo rappresenta la vita». Bill Shankly raccoglie la sciarpa, la solleva al cielo, se la mette al collo. Per dimostrare che è uno scouser, per dimostrare ancora una volta che è un uomo del popolo.
Bill Shankly, il re della Kop


Per la sua gente, Bill, farebbe di tutto. Scende in strada, regala biglietti a chi non può permetterselo. Riceve sacchi interi di corrispondenza, e risponde ad ogni singola lettera che gli viene recapitata nel suo ufficio. Sa perfettamente quanto il Liverpool conti nella vita di ciascuno dei suoi tifosi. E non vuole deludere nessuno. Soprattutto un tifoso del Liverpool.

E poi ci sono le ossessioni. Senza le quali, forse, Bill Shankly non sarebbe potuto diventare tale. L’ossessione per la vittoria, l’ossessione per la sconfitta. Il secondo posto, da evitare ad ogni costo. E poi l’Everton, quel maledetto Everton. Quando Bill Shankly si siede sulla panchina dei Reds, l’Everton è la squadra più forte di Liverpool. Due squadre rivali, ma che si rispettano. Eppure Bill sa che per un tifoso del Liverpool nulla conta più della supremazia cittadina. C’è l’ossessione per il Subbuteo. Bill ama procurarsi le squadre avversarie in miniatura, per poi portarle negli spogliatoi ai suoi ragazzi. Per dimostrare quanto piccoli sono.

Bill Shankly lascia la panchina del Liverpool nel luglio del 1974. Non prima di aver regalato un’altra Coppa d’Inghilterra alla sua gente. Lascia la squadra al suo fedele vice, Bob Paisley. Che riuscirà ad arrivare là dove lui non è mai riuscito: sul tetto d’Europa, a sollevare la Coppa più prestigiosa del continente. Bill osserva, da fuori, consapevole che senza di lui nulla sarebbe stato possibile. Eppure deve vedere il Liverpool diventare grande da fuori, come un estraneo. La dirigenza del Liverpool non gli offre un ruolo dietro una scrivania, lui incassa il colpo ma non lo dà a vedere. Continua a stare tra la sua gente. Mette la sciarpa al collo e va nella Kop. Stringe mani, firma autografi, regala biglietti. Bill Shankly è sempre l’uomo del popolo.


Ancora oggi, a più di 30 anni dalla sua morte (infarto fulminante nel 1981) ogni angolo di Anfield deve tutto a quest’uomo. Tutto quello che il Liverpool significa, lo deve a questo scozzese dal cuore grande e dalla faccia spigolosa. Quando Steven Gerrard, sfortunatamente ancora per poco, raccoglie i suoi compagni, si mette davanti a tutti, e imbocca la scalinata che porta al terreno di gioco, alza una mano.La batte sul simbolo con il Liverbird, sotto il quale campeggia una scritta. This is Anfield. L’ha fatta piazzare lì Bill Shankly. 
«Per ricordare ai nostri ragazzi per quale maglia giocano, e ai nostri avversari contro chi giocano».
In una squadra di calcio c'è una Santa Trinità: i giocatori, il tecnico e i tifosi. I dirigenti non c'entrano. Loro firmano solo gli assegni.

ARTICOLO di
Valerio Nicastro
twitter: @valerionicastro

LEONE ROSSO FOOTGOLF

LEONE ROSSO FOOTGOLF

La Leggenda dell’Amore: Posillipo e Nisida

La Leggenda dell’Amore: Posillipo e Nisida "così eterno il premio, così, eterno il castigo."


Vi fu una volta un giovanetto leggiadro e gentile, nel cui volto si accoppiava il gaio sorriso dell'anima innocente, al malinconico riflesso di un cuore sensibile: egli era, nel medesimo tempo, festevole senza chiasso e serio senza durezza. Chi lo vedeva, lo amava; e la gente accorreva a lui, come ad amico, per allietarsi nella sua compagnia. Ma il bel
giovanetto fu molto, molto infelice; gli entrò nell'anima un amore ardente, la cui fiamma, che saliva al cielo, non valse ad incendere il cuore della donna che egli amava. Era costei una donna di campagna, cui era stato dato in dono la bellezza del corpo, ma a cui era stata negata quella dell'anima: ella era una di quelle donne incantatrici, fredde e malvagie che non possono né godere, né soffrire. Paiono fatte di pietra, di una pietro levigata, dura e glaciale; vanno in pezzi, ma non si ammolliscono; cadono fulminate senza agonizzare. Tale era Nisida, colei che fu invano amata dal giovinetto; poiché nulla valse a vincerla. Allora lui che si chiamava Posilipo, amando invano la bella donna che viveva di faccia a lui, per isfuggire a quella vista, che era il suo tormento e la sua seduzione, decise precipitarsi nel mare e finire così la sua misera vita. Decisero però diversamente i Fati e rimasto a mezz'acqua il bel giovanetto, vollero lui mutato in poggio che si bagna nel mare; ed ella è uno scoglio che gli è dirimpetto: Posilipo, poggio bellissimo dove accorrono le gioconde brigate, in lui dilettandosi, Nisida destinata ad albergare gli omicidi ed i ladri, che gli uomini condannano alla eterna prigionia - così eterno il premio, così, eterno il castigo.

(STORIE DI NAPOLI)

Il bimbo tra i due litiganti: ''Smettetela, voglio giocare''

Il bimbo tra i due litiganti: ''Smettetela, voglio giocare''

Quando si dice che un'immagine vale più di mille parole. Il senso del calcio, quello distante anni luce dal business, dal marketing, dalle creste colorate, dal razzismo e soprattutto dagli episodi di violenza dentro e fuori gli stadi, è riassunto in uno scatto in bianco e nero che arriva dalla Spagna. Che il calcio sia solo un gioco ce lo ricorda un bimbo di 5 anni chiamato Alejandro Rodriguez Macias. Il piccolo gioca nell'Union Vera - un club di Las Palmas de Gran Canaria - e in una recente partita si è trovato a dover fare da paciere tra l'arbitro dell'incontro e l'allenatore della squadra avversaria. I due adulti uno di fronte all'altro, impegnati in un'accesa discussione nonostante si trattasse di un match tra baby calciatori, e il minuscolo Alejandro in mezzo, con le braccia tese nel tentativo di separarli. Un gesto indimenticabile catturato dalla macchina fotografica di Ruben Lopez Estupiñán - uno dei papà in tribuna - e subito ripreso dai social network e dai media spagnoli.
(REPUBBLICA.IT)

venerdì 13 marzo 2015

ST.PAULI: Non established since 1910


Eat Sport - Sport Opinion Maker
 http://www.eatsport.net/

PUNK, PROSTITUTE ED ANTIFASCISMO: IL ST.PAULI NON È SOLO CALCIO.

Tifosi del St.Pauli allo stadio con l'immancabile Jolly Roger
Nato come polisportiva che comprende oltre al calcio anche squadre di rugby, football americano, baseball, pallamano e softball, il St.Pauli ha la propria sede nella zona del porto della cittadina del nord della Germania, vicino al quartiere a luci rosse Reeperbahn, ritenuto da molti come uno dei più pericolosi e famigerati dell’intero Paese. La storia calcistica non racconta di grandi successi sportivi e nemmeno di grande fama al di fuori del contesto cittadino, almeno fino agli anni 80, quando il punk, il comunismo e la prostituzione libera la facevano da padrone in Europa. In quegli anni il club passò dall’essere una piccola realtà calcistica che vivacchiava nelle serie minori, ad un fenomeno di culto, diventando col tempo la squadra più di sinistra del Mondo. Prostitute, spacciatori, criminali che vivevano e frequentavano il quartiere, divennero pian piano tutti tifosi del Kiezkicker e sulle tribune dello stadio andavano a radunarsi sempre più in massa gente che dalla società venivano considerati reietti e trattati come degli emarginati sociali. Bilanci e classifica con il tempo hanno perso importanza a favore di una filosofia che andò con gli anni sempre più a solidificarsi in tutti i tifosi: questo si capisce chiaramente già dal motto della squadra che campeggia sotto lo stemma“Non established since 1910” che tradotto in maniera libera sta a significare “Rifiutiamo tutto ciò che è sistema”, a conferma della non appartenenza di club e tifosi a quella società che la gente comune definisce normale.


Lo stadio di casa è il Millerntor-Stadion, così chiamato dal nome di una delle porte cittadine (Millerntor appunto) e ed è situato all’interno di Heiligengeistfeld, un’area famosa per il proprio luna park che si tiene tre volte all’anno vicino al quartiere di Reeperbahn sopra citato. L’impianto è considerato uno tra i più storici del calcio tedesco e riesce a fondere insieme sia lo stile vecchio e rude delle gradinate con i posti in piedi (volute espressamente dai tifosi stessi), sia tribune ultramoderne dotate di diversi comfort. La struttura non può essere una struttura convenzionale, come dimostrano i vari box all’interno dei quali si possono svolgere veri e propri spettacoli di striptease organizzati dai vari nightclub della città, i quali portano comunque all’interno delle casse del club ingenti somme di denaro. Nel corso degli anni però, questa caratteristica decisamente unica nel suo genere, ha trovato opposizione da parte di una fetta di tifoseria, la quale ha contestato l’eccessiva commercializzazione che si stava facendo del nome stesso del St.Pauli; la protesta ha portato alla decisione finale che questi spettacolini a luci rosse saranno interrotti nell’arco della gara, ma potranno ricominciare appena terminata la partita. Questi particolari box inoltre, riescono a convivere perfettamente con l’asilo nido presente all’interno del complesso e dove i genitori possono tranquillamente lasciare i figli durante lo svolgimento della partita.

Un’ulteriore conferma di non essere di fronte ad una squadra e a dei tifosi comune, arriva anche dalla bandiera che sventola ad ogni gara sugli spalti dello stadio, ossia il Jolly Roger, il classico vessillo piratesco su sfondo nero che come immagina ha un teschio con al di sotto due ossa incrociate. Gli stessi tifosi hanno spiegato l’origine di questa particolare adozione, avvenuta più di un ventennio fa, quando per scherzo, diversi squatter dei centri sociali l’hanno portato come simbolo del club, ma col tempo, invece che scomparire, si è diffuso sempre più, fino a diventare uno degli elementi caratteristici del St.Pauli. Negli anni è divenuto l’icona ufficiale del club che sta a significare la lotta dei poveri (St. Pauli), contro i ricchi (Bayern, Amburgo..), così come a suo tempo facevano gli stessi pirati quando nel Cinquecento partivano dallo stesso porto di Amburgo per solcare i sette mari.



La filosofia di sinistra di questo club si ritrova anche nel fatto che è stata la prima società a lanciare campagne anti omofobia e contro il razzismo, facendo già più di trent’anni fa quello che noi oggi siamo soliti vedere sui campi di calcio prima delle partite, non limitandosi però ad una raccolta fondi o alla lettura di un comunicato prestampato prima di una gara. L’impegno cosiddetto “sociale” però non si è fermato qui: nel 2006, in concomitanza con i Mondiali di Germania, proprio nella cittadina amburghese si è disputata la Fifi Wild Cup, organizzata dalla Federation of International Football Indipendents (Fifi) cui hanno partecipato diverse selezioni delle nazioni non riconosciute dalla Fifa. Per l’occasione il St.Pauli si è dichiarato “Repubblica autonoma” e ha messo le vesti di nazione ospitante; la competizione ha visto la partecipazione anche di Groenlandia, Zanzibar,Gibilterra, Tibet e Cipro Nord, con la vittoria di questi ultimi ai rigori in finale contro gli africani. Tra le altre manifestazione organizzate dal club ci sono stati anche un torneo per rifugiati politici e hanno disputato una partita amichevole contro Cuba per dimostrare la propria solidarietà nei confronti di Fidel Castro, sintomo anche questo di un chiaro schieramento politico sia di società, che dei fans.

Anche in Italia il culto St.Pauli è molto conosciuto ed apprezzato, specialmente da coloro che abbracciano la stessa linea politica di sinistra ed antifascista del club e ,allo stesso modo, i tifosi della squadra tedesca hanno un occhio di riguardo per il Belpaese, dimostrando più volte solidarietà tramite striscioni al movimento NO TAV, in ricordo di Dax (militante di un centro sociale aggredito ed ucciso a pugnalate nel 2003 a Milano per mano di due giovani neofascisti) e contro l’ex Premier Silvio Berlusconi. Inoltre a Marghera, località situata nel comune di Venezia, parecchi anni fa è nata una band di ska chiamatasi Talco che in un suo album ha dedicato una canzone proprio al St.Pauli: nel corso degli anni la band stessa ha raggiunto una notevole fama in Germania ed il brano, tradotto nella versione tedesca, è diventato una sorta di inno per i supporter dei Kiezkicker.


Ideologicamente parlando, o sei con il St.Pauli o sei contro il St.Pauli visto il chiaro schieramento politico di club e tifoseria, ma indubbiamente questo club negli anni ha saputo attirare le simpatie anche di coloro che la pensano in maniera radicalmente opposta, visto l’impegno profuso messo in qualsiasi iniziativa portata avanti e viste le tante piccole stravaganze che l’hanno resa celebre nel mondo calcistico e non solo. Bundesliga, Zweite Liga, Dritte Liga o Regionalliga non fa differenza: gli spalti del Millerntor-Stadion saranno sempre stracolmi, poiché questa non è solamente una squadra di calcio, ma un’idea, un credo da abbracciare, difendere e portare avanti indipendentemente dalla situazione di classifica o dalla situazione economica della società. Questo è il St.Pauli.

FONTE: EATSPORT




ST. PAULI
Talco


Sull'orlo di una strada una gara di follia contro il sipario amaro della xenofobia

canti d'agonismo e di emozioni da spartir, di cori lastricati di coscienza e d'avvenir.

Danzan sulla storia di giorni conquistati, figli della memoria, pirati a St Pauli.

Danzano sulla gloria di giorni conquistati, figli della memoria, banditi a St Pauli.



Cori a contrastare retorica e agonia dall'antro rifiorito qui nella periferia

canti lastricati di coscienza e d'avvenir nel baluardo lieto degli spalti a St Pauli.

Danzan sulla storia di giorni conquistati, figli della memoria, pirati a St Pauli.

Danzano sulla gloria di giorni conquistati, figli della memoria, banditi a St Pauli.



Sull'orlo di una strada una gara di follia contro il sipario amaro della xenofobia

canti lastricati di coscienza e d'avvenir nel baluardo lieto degli spalti a St Pauli.

Danzan sulla storia di giorni conquistati, figli della memoria, pirati a St Pauli.

Danzano sulla gloria di giorni conquistati, figli della memoria, banditi a St Pauli
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lunedì 9 marzo 2015

MY NAME IS SCACCIALAZANZARA. BYE- BYE FACEBOOK


Oggi il signor Facebook mi ha fatto "gentilmente" sapere che il mio nome account: "Scaccia la zanzara" non rispettava i loro parametri. Era inopportuno e offensivo e che quindi mi veniva negato l' accesso. Per riattivarlo dovevo iscrivermi come Giuseppe Scaccia la zanzara o al massimo mi veniva concesso l' utilizzo di Peppe Scaccialazanzara. Operazione che ho fatto solamente per comunicare al caro bimbo minchia che ha creato questo Social Network che consideravo anche io il suo nome inappropriato. Secondo i parametri attuali non può' chiamarsi più solo FACEBOOK, ma Mark FACEBOOK o al limite Marctiello FACEBOOK. Altrimenti facciamo sempre a chi figli e a chi figliastri.
Ah! un ultima cosa gli ho anche fatto sapere che da oggi non voglio essere più' un tipo Social.
Voglio spedire le cartoline, scrivere le mie emozioni su un foglio di carta. Rigorosamente a penna. Sviluppare le fotografie, e non postarle, parlare, discutere con le persone. Faccia a faccia.


Voglio essere insomma un tipo asociale e soprattutto chiamarmi e firmarmi come cazzo mi pare.

Statti bene Mark,
adesso però vattene gentilmente a fanculo. Stavolta l' hai fatta fuori dal vaso

COME PESCARE IL PESCE SABBIA */TRUCCHI DA PESCATORI







TRUCCHI DA PESCATORI:

Bisogna saper scegliere l' esca adatta, e legarla bene alla lenza.
Il segreto per pescare il pesce Sabbia e' tutto qui.


‪#‎scaccialapesca‬

UN GIORNO DA STATUA A PLAYA MELONERAS





Il mio primo giorno da Statua e' andato bene.
I bambini hanno apprezzato e di piccioni non se ne sono visti.

E qualche spiccio l' ho rimediato.

SORRENTO: UN MARE CHE SEDUCE PIU' DELLA MAYA DESNUDA

Cari spagnoli che al Museo del Prado vi atteggiate voi e questa Maya,
Goya puo' anche toglierle il vestito e dipingerla desnuda ma non riuscira' mai a renderla bella quanto Sorrento. E il suo mare.



(zzzZ)

7 FEBBRAIO, MADRID è Rojiblanca




Oggi ho imparato 4 cose:

1. Il Real e' come la Juve (ruba uguale).
2. Cristiano Ronaldo e' nu' scem ed e' la uallera di Arda Turan.
3. il Cholo Simeone ha due cojones grossi cosi'.
4. Madrid e' solo Rojiblanca.

Ps Chi non salta madrinista e'...
Ah e dimenticavo: "Iker, Iker, Iker.."



sabato 07 febbraio 2015
Liga Atletico-Real 4-0: il derby di Madrid 
è di Simeone
Partita perfetta per il Cholo e i suoi uomini che si portano a -4 dalla capolista e riaprono il discorso Liga: a segno Tiago, Saúl, Griezmann e Mandzukic

ROMA - In riva al Manzanarre il Cholo compie l’ennesimo capolavoro tattico della sua carriera e travolge il Real per 4-0 nel derby di Madrid, riaprendo la Liga. L’Atletico aggancia il Barcellona a 50 punti – in attesa della sfida dei blaugrana, impegnati domani nella trasferta di Bilbao – e si porta a -4 dalle merengues. Di Tiago, Saúl, Griezmann e Mandzukic le reti. Real mai in partita.
LE SCELTE - Carlo Ancelotti lancia dal 1’ in difesa Varane-Nacho, per sopperire alla mancanza di Sergio Ramos e Pepe. I due, insieme, hanno giocato solamente poco più di 400 minuti. Fuori anche James Rodriguez, dopo la frattura del quinto metatarso del piede destro. Ne avrà per circa sei settimane. Davanti spazio alla BBC, Bale-Benzema-Cristiano Ronaldo. Dalla parte opposta, Simeone lascia Torres in panchina e si affida alla coppia Mandzukic-Griezmann.

BUIO REAL - Il primo campanello di allarme per l’insolita difesa del Real – fuori anche Marcelo per squalifica – suona al 5’ con l’incursione dalla destra di Arda Turan che, però, viene stoppata da Fabio Coentrao. Al 10’ prima tegola per Simeone. Koke è costretto a lasciare il campo per un probabile stiramento: spazio al canterano Saúl, da sempre considerato il vice Koke dal ‘Cholo’. Al 14’ il primo boato del Vicente Calderon, l’Atletico passa in vantaggio con Tiago che lascia partire da fuori area un destro non impossibile, ma Casillas per un attimo dimentica di essere il portiere della squadra campione d’Europa e del Mondo. Nemmeno il tempo di somatizzare il colpo subito e il Real è già sotto per la seconda volta, proprio con il nuovo entrato Saúl, straordinario nel capitalizzare con un’acrobazia il traversone dalla sinistra di Siqueira. In panchina si gioca un’altra sfida, quella tra Ancelotti e Simeone. Il primo è di pietra, il secondo sfoga tutta la sua gioia insieme al ‘Mono’ Burgos. Il Real è bloccato, parecchi gli errori in fase di impostazione da parte di Nacho. Nessun pallone arriva tra i piedi di Bale o Cristiano Ronaldo. Primi 25’ a senso unico. Kroos si becca un giallo dopo un duro e superfluo intervento nei confronti di Griezmann, Isco perde palla in mezzo al campo. Due fotografie che rendono l’idea della difficoltà delle merengues. Il primo brivido per l’Atletico – se di brivido si può parlare – arriva al 32’ con il sinistro dalla distanza di Benzema, prontamente deviato da Miranda. Qualche minuto dopo arriva la prima polemica dei colchoneros per un fallo di mano di Khedira in area di rigore, ma il direttore di gara non fischia e lascia continuare il gioco. Negli ultimi minuti della prima frazione aumenta la pressione degli undici di Ancelotti. L’unico risultato prodotto è uno sfortunato cross di Bale che serve a poco.

SECONDO TEMPO - Nella ripresa Ancelotti tenta di dare più peso all’attacco, togliendo Khedira e mettendo Jesé, a segno nel recupero di mercoledì contro il Siviglia. Ma il copione scritto nel primo tempo trova ulteriori elementi di continuità. È Griezmann che sfiora in due occasione il terzo gol, quello del ko. Sfruttando un errore difensivo prima, con una rovesciata poi. Poco dopo è Tiago che non riesce a schiacciare di testa e sotto porta un traversone dalla destra. La macchina da guerra dell’Atletico è sempre in totale controllo e stavolta al Real non aiutano neanche le invenzioni di uno degli ultimi geni del XXI secolo, Cristiano Ronaldo, che gioca un match a parte come tutta la sua squadra. Al 67’ arriva – giustamente – la terza rete. Saúl, defilato sull’area sinistra dell’area di rigore, spizza di testa un pallone al bacio di Arda Turan: per Griezmann, tenuto in gioco da Carvajal, bucare la porta di Casillas è un gioco da ragazzi. Le ultime due carte di Ancelotti sono Illarramendi e il ‘Chicharito’ Hernandez, che sostituiscono Isco e Benzema. Spazio anche al ‘Niño’ Torres, che concede così la giusta standing ovation al francese, capocannoniere dei colchoneros. Nei minuti finali Simeone si erge a condottiero, caricando il Vicente Calderon. Alla festa si iscrive anche Mandzukic, portando il risultato sul definitivo 4-0. Il derby di Madrid, quest’oggi, è tutto biancorosso.

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