una storia, una notizia, o qualunque cosa valga la pena di essere raccontata



giovedì 31 gennaio 2013

ELEZIONI 2013: Barney Gumble 4 PRESIDENT

ELEZIONI POLITICHE 24-25 FEBBRAIO 2013
I HAVE A DREAM ..
Barney Gumble 4 PRESIDENT
"Un ALCOLIZZATO al GOVERNO.."
ITALIANO VOTA e FAI VOTARE LISTA DUFF
#barney4president


La leggenda dei giorni della Merla



Una leggenda racconta che, tanti anni or sono, il mese di gennaio fosse il più corto di tutti e che avesse solamente 28 giorni .

Sempre quella leggenda racconta che, prima di allora, i merli fossero degli uccelli bianchi, candidi come la neve e che avessero un carattere gioioso e burlone e che fossero anche un po’ spavaldi perchè nessun altro uccello era bianco e candido come loro.

Volle un anno che, in occasione dell’ ultimo giorno di un gennaio particolarmente mite, cinque giovani merle, nate nell’ annata precedente, nei loro giochi e nelle loro burle si espressero in maniera irriverente verso il Signor Gennaio. Lo schernirono più volte dicendogli che era diventato vecchio e che non aveva più le forze per mantenere le caratteristiche che questo mese doveva avere.

Il Signor Gennaio si arrabbiò moltissimo, andò dal Signor Febbraio e si fece dare tre giorni in prestito. Arrabbiato com’ era cominciò a sbuffare, a sbuffare e a sbuffare. Con i suoi sbuffi arrivò anche la neve ed il vento era così gelido che nessuno riusciva a trovare ristoro. I contadini di quella regione furono costretti a rifugiarsi nelle loro case e per tre giorni e tre notti dai camini continuò ad uscire il fumo dei fuochi accesi.

Le stesse merle ed i loro compagni furono costrette a trovare rifugio all’ interno dei camini fumanti per sentire un pò di caldo. Alle fine dei tre giorni, quando il Signor Gennaio si ritenne soddisfatto e smise di sbuffare, i camini smisero di fumare ed anche i merli uscirono dal loro insolito riparo. Solo allora si resero conto che il fumo li aveva fatti diventare neri.

Da allora i merli nacquero neri e non si burlarono più del Signor Gennaio e sempre da allora i giorni 29-30-31 furono chiamati i giorni della Merla.


http://www.melabio.it/

UNA SERA AL CINEMA ARMIDA: Lincoln

                                       
Lincoln un film di Steven Spielberg
Armida 
Sorrento
18:00 - 21:00


Il film, basato sul best seller "Team of Rivals", scritto dal drammaturgo Tony Kushner, è incentrato sullo scontro politico tra il presidente Lincoln e i potenti uomini del suo gabinetto per l'abolizione dalla schiavitù degli afroamericani alla fine della Guerra civile.
http://www.mymovies.it

               

UN PO' DI STORIA...

Abraham Lincoln
Abraham Lincoln head on shoulders photo portrait.jpg

16º presidente degli Stati Uniti
« [Democracy is the] government of the people, by the people, for the people. »


Considerato sia dalla storiografia sia dall'opinione pubblica uno dei più importanti e popolari presidenti degli Stati Uniti, Lincoln è - dopo Gesù Cristo e Shakespeare - il terzo personaggio storico sul quale si è maggiormente scritto in termini di biografie, saggi e articoli.[

Abraham Lincoln fu il sedicesimo presidente degli Stati Uniti (dal 1861 al 1865) e fu il principale artefice della vittoria degli unionisti nella guerra di secessione americana e dell'abolizione della schiavitù.

Nato a Hodgenville, in Kentucky, il 12 febbraio 1809 da una famiglia di pionieri, intraprese gli studi giuridici, guadagnandosi ben presto una solida reputazione per la sua onestà.



Non a caso, notoriamente viene raffigurato nella memoria storica come un uomo calmo e riflessivo. Ma forse non tutti sanno che alcuni anni prima di diventare Presidente degli Stati Uniti, il suo temperamento era ben diverso, costituito da frequenti scatti di ira, in cui dava prova di saper esprimere una furia intensa e incontrollata (probabilmente causata, secondo studi recenti, dagli scompensi indotti dalle pillole usate da Lincoln per vincere la depressione).



Nel 1833 fu eletto deputato al parlamento dell'Illinois. In materia di schiavitù, era un antischiavista convinto, anche se non condivise mai appieno la posizione degli abolizionisti. Nel 1860 i repubblicani lo candidarono alla presidenza: ottenne la maggioranza dei voti ed entrò nella Casa Bianca. Subito dopo la vittoria, intraprese i primi passi per staccarsi dall'Unione. Lincoln si mostrò aperto al dialogo ma rifiutò di prendere in considerazione un'eventuale estensione della schiavitù.


Nel febbraio del 1861 sette stati sudisti si separarono formalmente dall'Unione; altri stati del sud seguirono il loro esempio e scoppiò la guerra che si concluse nel 1865 con la vittoria dei nordisti.
Già nel 1862 il presidente emanò il proclama di emancipazione che liberava gli schiavi e autorizzava la creazione di unità militari di colore.

Lincoln, però, era determinato a porre l'emancipazione su una base permanente e nel 1864 propose l'introduzione di un emendamento contro la schiavitù nella Costituzione. Tale emendamento venne accettato dopo la sua rielezione, nel 1865. Poche settimane dopo l'inizio del suo secondo mandato, Lincoln annunciò pubblicamente il suo sostegno al suffragio limitato per i neri in Lousiana.L'operato di Lincoln ha avuto una duratura influenza sulle istituzioni politiche e sociali degli Stati Uniti, dando inizio a un maggiore accentramento del potere del governo federale e ponendo un limite al raggio d'autonomia dei governi dei singoli Stati. L'autorevolezza di Lincoln era rafforzata dalla sua abilità di oratore ed il Discorso di Gettysburg, il più significativo e famoso da lui pronunciato, è considerato una delle pietre miliari dell'unità e dei valori della nazione americana.



L' ASSASSINIO

Dopo la fine della guerra, Lincoln si era incontrato di frequente con il generale Grant. I due uomini pianificavano la ricostruzione del Paese ed era nota a tutti la loro stima reciproca. Durante il loro ultimo incontro, il
14 aprile 1865 (Venerdì Santo), Lincoln aveva invitato il generale Grant a un evento mondano per quella sera, ma Grant aveva declinato.

Senza la compagnia del generale e senza la sua guardia del corpo Ward Hill Lamon i Lincoln andarono al Ford's Theatre, a Washington, dove era in programmazione Our American Cousin, una commedia musicale dello scrittore britannico Tom Taylor(1817-1880). Nell'istante in cui Lincoln prese posto nel palco presidenziale, John Wilkes Booth, un attore della Virginiasimpatizzante sudista, entrò nel palco e sparò un colpo di pistola calibro 44 alla testa del Presidente, gridando "Sic semper tyrannis!" (Latino: "Così sia sempre per i tiranni!" - motto dello Stato della Virginia e frase storicamente pronunciata da Brutonell'uccidere Cesare). Secondo altre versioni gridò "Il Sud è vendicato", saltando successivamente giù dal palco e rompendosi conseguentemente una gamba.

I cospiratori avevano pianificato l'assassinio di altri ufficiali del governo nello stesso istante, ma Lincoln fu l'unica vittima. Booth si trascinò al proprio cavallo e riuscì a fuggire, mentre il Presidente colpito a morte fu portato in una casa dall'altro lato della strada oggi chiamata Petersen House, dove giacque in coma per alcune ore prima di spirare. Fu ufficialmente dichiarato morto alle 7:22 del mattino del 15 aprile 1865.

Booth fu scoperto nascosto in un granaio e venne ucciso; diversi altri cospiratori vennero infine catturati e impiccati o imprigionati. Quattro persone furono giudicate da un tribunale militare e impiccate per complicità nell'assassinio: David Herold, George Atzerodt, Lewis Powell (alias Lewis Payne) e Mary Surratt (la prima donna a essere giustiziata negli Stati Uniti). Tre persone vennero condannate all'ergastolo (Michael O'Laughlin, Samuel Arnold, e Samuel Mudd), mentre Edman Spangler fu condannato a sei anni di carcere. John Surratt, giudicato successivamente da una corte civile, fu prosciolto. L'equità delle condanne, in particolare quella di Mary Surratt, è stata messa in discussione ed esistono dubbi sul grado del suo coinvolgimento nella cospirazione.
                                                        L'assassinio del Presidente Lincoln, opera di Currier e Ives del 1865


fonte: WIKIPEDIA.IT e http://biografieonline.it

mercoledì 30 gennaio 2013

Simmo ‘e napule paisà, UN INNO PER RIPARTIRE



La seconda guerra mondiale, il conflitto più devastante mai combattuto dall’uomo. Un carneficina senza precedenti: cinquantacinque milioni morti, tre milioni di dispersi, trentacinque milioni di feriti in tutto il mondo. Sei milioni di ebrei sterminati nei campi di concentramento. Sessantaquattro milioni di profughi: un oceano di persone sradicate brutalmente dalle loro terre natali. Intere popolazioni ridotte alla fame. Distruzioni materiali incalcolabili.
Tra le città italiane fu proprio Napoli quella che subì il numero maggiore di bombardamenti. L’ultimo da parte degli alleati ci fu l’8 settembre del 1943, a pochissime ore dall’annuncio dell’armistizio(il saluto finale alla città). Anche dopo l’armistizio però i napoletani dovettero subire altri bombardamenti, quelli dei tedeschi che nel frattempo avevano fatto della città la loro retroguardia. Alla fine del conflitto, Napoli si ritrovò un cumulo di macerie fumanti.


Del tutto legittimo fu quindi quel fervente desiderio dei napoletani di rimuovere dalla propria memoria le brutture di un tale evento; nella commedia Napoli Milionaria di Eduardo de Filippo è emblematico il personaggio di Gennaro Iovine che, tornato dal fronte, cerca di raccontare invano le atrocità che ha vissuto agli amici e ai parenti i quali però si rifiutano di ascoltarlo. A quel comprensibile desiderio di dimenticare si accompagnò ovviamente un grande sentimento di speranza nel futuro. Questi umori furono incarnati magistralmente da una magnifica canzone napoletana di quel periodo, ancora oggi conosciutissima: Simmo ‘e Napule paisà.

Una canzone che è stata – ed è ancora oggi – ingiustamente etichettata come di disimpegno, in linea con lo stereotipo classico del napoletano. Una valutazione, questa, frutto soprattutto di superficialità nell’ascolto ma anche di ignoranza e cattiva fede.

Simmo ‘e Napule paisa’ è infatti un autentico capolavoro. Ha un testo intenso, a tratti struggente. È un continuo alternarsi di emozioni contrapposte: tristezza e gioia, sconforto e speranza (un po’ come ‘O surdato ‘nnammurato). Perché se è vero che nel ritornello c’è l’invito ad accontentarsi del sole, del mare e dell’amore (magari ci riuscissimo tutti!) è anche vero che nelle strofe c’è tutta la sofferenza ed il tormento di un popolo messo in ginocchio da un evento così nefasto.

Protagonisti della canzone sono una coppia – marito e moglie – che nonostante tutto e tutti decide un bel giorno di rimettere il vestito buono (“o’chiù carillo”) per uscire di casa e fare un giro in carrozzella; è la ripartenza! Una scarrozzata difficile, durante la quale si affacciano nella mente dell’uomo inquietanti interrogativi; subito sopraffatti però dall’ebrezza del vino e dai baci di lei. Anche il cocchiere, durante il tragitto, ha un attimo di smarrimento. Giunto sulle rovine di quella che era la sua casa, si ritrova a piangere per i suoi cari che ora non ci sono più. Anche lui però si da forza e riparte. Perché è legge di natura. È l’istinto di conservazione che lo impone. È superfluo sottolineare come quella coppia e quel cocchiere rappresentino la metafora perfetta di un’intera generazione di Italiani.

Ma Simme ‘e napule paisà sucitò non poche polemiche nella società italiana del tempo, sia tra gli intellettuali che a livello politico. Si usciva infatti da vent’anni di fascismo e tanti (milioni) erano gli Italiani che avevano apertamente appoggiato il regime; una situazione quantomeno “imbarazzante”. Ed allora, soprattutto da parte di coloro che invece il regime lo avevano combattuto, quel


chi ha avuto ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato ha dato, scurdammece ‘o passato…

fu interpretato come un vergognoso invito alla dimenticanza; un appello qualunquista all’oblio; l’incitamento per un indiscriminato colpo di spugna!

La canzone fu scritta nel 1944 da Peppino Fiorelli e musicata da Nicola Valente (che morirà solo due anni dopo). Una curiosità: il termine “Paisà” (che vuol dire compaesano) era quello che utilizzavano i soldati americani (molti dei quali erano di origine italiana) per rivolgersi ai napoletani. Negli anni è stata interpreta dai grandi della canzone napoletana. Solo per citarne alcuni: Roberto Murolo, Fausto Cigliano, Giacomo Rondinella, Claudio Villa, Peppino di Capri e Massimo Ranieri.



fonte: http://www.tarantelluccia.it

Tarantella, facennoce 'e cunte,
nun vale cchiù a niente
'o ppassato a penzá.

Quanno nun ce stanno 'e tramme,
na carrozza è sempe pronta
n'ata a ll'angolo sta giá.

Caccia oje nénna 'o crespo giallo,
miette 'a vesta cchiù carella,
cu na rosa 'int''e capille,
saje che 'mmidia 'ncuoll' a me.

Tarantella, facènnoce 'e cunte,
nun vale cchiù a niente
'o ppeccomme e 'o ppecché.

Basta ca ce sta 'o sole,
ca c'è rimasto 'o mare,
na nénna a core a core,
na canzone pe' cantá.

Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto,
chi ha dato, ha dato, ha dato,
scurdámmoce 'o ppassato,
simmo 'e Napule paisá!.

Tarantella, stu munno è na rota
chi saglie 'a sagliuta,
chi sta pe' cadé!

Dice buono 'o mutto antico
ccá se scontano 'e peccate,
ogge a te...dimane a me!

Io, nu poco fatto a vino,
penzo ô mmale e penzo ô bbene,
ma 'sta vocca curallina
cerca 'a mia pe' s''a vasá!

Tarantella, si 'o munno è na rota,
pigliammo 'o minuto
che sta pe' passá.

Basta ca ce sta 'o sole,
ca c'è rimasto 'o mare,
na nénna a core a core,
na canzone pe' cantá.

Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto,
chi ha dato, ha dato, ha dato,
scurdámmoce 'o ppassato,
simmo 'e Napule paisá!.

Tarantella, 'o cucchiere è n'amico,
nun 'ngarra cchiù 'o vico
addó mm'ha da purtá.

Mo redenno e mo cantanno,
s'è scurdato 'o coprifuoco,
vò' surtanto cammená.

Quanno sta a Santa Lucia,
"Signurí', - nce dice a nuje -
ccá nce steva 'a casa mia,
só' rimasto surtant'i'..."

E chiagnenno, chiagnenno, s'avvía...
ma po', 'a nustalgía,
fa priesto a ferní.

Basta ca ce sta 'o sole,
ca c'è rimasto 'o mare,
na nénna a core a core,
na canzone pe' cantá.

Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto,
chi ha dato, ha dato, ha dato,
scurdámmoce 'o ppassato,
simmo 'e Napule paisá!.

Basta ca ce sta 'o sole,
ca c'è rimasto 'o mare,
na nénna a core a core,
na canzone pe' cantá.

Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto,
chi ha dato, ha dato, ha dato,
scurdámmoce 'o ppassato,
simmo 'e Napule paisá!


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