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martedì 3 febbraio 2015

RICCARDO ZAMPAGNA: ACCIAIO, ROVESCIATE E PUGNI CHIUSI



RICCARDO ZAMPAGNA: ACCIAIO, ROVESCIATE E PUGNI CHIUSI

Ettore Zampagna è un operaio. Uno dei tanti a Terni, dove la vita è scandita dalle sirene delle Acciaierie; è così da prima della guerra e non c’è ragione di pensare che le cose possano cambiare. Si lavora fino a riempirsi i polmoni d’amianto, e quando si è troppo vecchi arriva qualcuno a dare il cambio; magari un figlio, che tanto gli orizzonti uno non se li sceglie. Negli anni ’80, per la famiglia Zampagna, l’orizzonte è la ciminiera di una fabbrica.

Riccardo, il figlio di Ettore, sa già cosa lo aspetta: nella Manchester d’Italia si fanno i turni in catena di montaggio, si esce con la ragazza il sabato e magari si va in Curva Est la domenica. Terni sembra un inno alla working class, che farà pure impazzire i fan del britpop, ma non chi ci vive tutti i giorni.

“Figliolo, non andare mai a lavorare alle Acciaierie;
lì nessuno ti darà mai la pacca sulla spalla e ti dirà bravo se fai un buon pezzo”.
«Ecco, io ho sempre giocato per ricevere quella pacca e sentirmi dire: Bravo Riccardo.
I soldi vengono molto dopo tutto questo".


Riccardo gioca a pallone, e come tutti i ragazzi sogna di sfondare. Nonostante la fiducia e i sacrifici della famiglia, quando compie 20 anni si è ormai capito che il calcio è divertente, ma non dà da campare: «Guadagnavo 800 mila lire al mese come lavorante nella tappezzeria di Giampiero Riciutelli e altrettanti me ne dava il presidente dell’Amerina». Durante la settimana monta e smonta le tende; la domenica gioca in attacco.

Ha ottime doti atletiche, ma non è un fenomeno, anche perché la scuola calcio non l’ha fatta: «Calciatori si nasce e io non ci sono nato. Il calciatore cresce passando attraverso i settori giovanili, con gente che gli spiega cosa fare». Probabilmente, non sarebbe servito granché: sarà istinto o innata sfiducia nell’autorità, ma Zampagna in campo fa di testa sua.

Nel 1996 lo contatta la Pontevecchio, società di Ponte San Giovanni che milita in Interregionale: il padre gli compra una Fiat Tipo con i soldi della pensione: «La trasformammo a metano per consumare meno […] Crescevo di categoria ma ci rimettevo economicamente, 100 mila lire al mese in meno come calciatore e gli spostamenti a mie spese». Zampagna si accorda con il titolare della tappezzeria, che ne asseconda la passione: «Lavoravo dalle 6 alle 13, poi mangiavo un panino guidando verso Perugia». Se è stanco, in campo non si vede: in 22 presenze segna 13 gol. Tanti, tantissimi in quei campi fangosi dove l’erba è un’utopia e i difensori non fanno tanti complimenti.

Ormai, tutto lascia credere che Riccardo Zampagna resterà un onesto bomber di periferia, di quelli che non campano con il pallone; finché un osservatore non invia a Trieste una videocassetta con le sue giocate. La Triestina è una nobile decaduta, appena tornata in Serie C2 dopo il fallimento; ha bisogno di piedi buoni, più che di nomi altisonanti. Il ds Walter Sabatini si guarda il VHS, e il tappezziere 22enne si ritrova di colpo professionista.

Trieste, poi Arezzo, Catania e infine Perugia, dove arriva con una dubbia operazione della famiglia Gaucci che coinvolge anche Baiocco, Tedesco ed Olive. Neanche il tempo di esordire in A che Zampagna torna a sgomitare nel campionato cadetto: Cosenza, poi Siena (10) e il boom nel 2002 a Messina (17). Nell’estate 2003 la Ternana diventa comproprietaria del suo cartellino, e Riccardo Zampagna torna a casa. Il debutto in casa è proprio contro l’agguerrito Messina che a fine stagione deciderà con i rossoverdi il suo futuro.

«Quando mi hanno detto “Sarai un giocatore della Ternana”, mi sono venuti i brividi […]
Sono andato sotto la curva per togliermi la maglia.
Guardo la curva per vedere chi conoscevo, e conoscevo un po’ tutti.
Ad un certo punto, vedo mio cugino che piange».

L’estate successiva il Messina riscatta Zampagna, costretto ad abbandonare la sua Terni per una Serie A che mai gli era interessata così poco. Ma se proprio bisogna farlo, tanto vale presentarsi alla grande, con un pallonetto che annienta la Roma. Un cucchiaio fantastico, proprio sotto gli occhi di un certo Francesco Totti.

Il 16 gennaio 2005, in occasione di Livorno-Messina, Zampagna saluta a pugno chiuso gli ultrà amaranto: «Si è trattato di una cosa privata. Prima della partita sono venuti a parlare con me dei ragazzi di Livorno e di Terni, perché le due tifoserie sono gemellate. È stato molto emozionante. Eravamo avversari, eppure ci siamo messi a parlare in mezzo al campo». L’episodio, nella miseria del racconto pallonaro italiano, ne fa il personaggio antitetico a Di Canio; pagare la multa non basta a stemperare le polemiche, ma basta a Zampagna per conquistarsi la simpatia delle curve (poche) e degli intellettuali (troppi) di “sinistra”.

Dopo due anni e sedici gol, Zampagna passa all’Atalanta: visto lo storico gemellaggio, una seconda casa per chi tifa Ternana. Zampagna contribuisce a far tornare in Serie A i bergamaschi, per poi continuare a deliziarli con alcuni dei suoi gol più belli. Un pallonetto al volo contro la Lazio, una rovesciata contro la Roma e un’altra contro la Fiorentina, che gli vale il premio AIC Oscar del calcio per il miglior gol del 2007. Dopo una parentesi a Vicenza, nel 2010 passa al Sassuolo; durante una trasferta, duecento tifosi dell’Atalanta bloccano il pullman della squadra romagnola e improvvisano una festa in mezzo di strada per il loro ex bomber.

Nel 2011 passa alla Carrarese di Buffon e Lucarelli, ma dopo soli 3 mesi decide di abbandonare il calcio dei professionisti: si tessera per l’ASD Comunista “Primidellastrada” di Terni. Una presa di posizione netta; come scendere in piazza per protestare contro gli esuberi alle Acciaierie Ternane, ora di proprietà della Thyssen: «Sfilerò in corteo. Le acciaierie mi hanno dato da 
mangiare».

Zampagna nel 2013 diventa allenatore del Macchie, squadra di un piccolo paese umbro: «Quasi tutti svolgono lavori umili e cacciano il cinghiale. La squadra di calcio è il vero orgoglio del paese e anche agli allenamenti c’è sempre gente che ci segue. Una volta a settimana coi dirigenti e i tifosi più fedeli ci si ritrova a mangiare il cinghiale a bordo campo. Qui si respira quell’umanità che è l’essenza del calcio vero e genuino».

Gli Zampagna sono fatti così: la semplicità prima di tutto.
E se poi la palla si alza un po’, si può sempre tentare una rovesciata.

http://zonacesarini.net/

lunedì 2 febbraio 2015

I'm forever blowing bubbles



“I'm forever blowing bubbles” 
BOLLE DI SAPONE AD UPTON PARK
Nell'East End la squadra di calcio che la fa da padrona è il West Ham United, club fondato nel lontano 1895 dagli operai di un cantiere navale londinese, il Thames Ironworks; i suoi giocatori e sostenitori prendono l'appellativo di “Hammers”, dai martelli crociati disegnati nello stemma ufficiale, o di “Irons”, preferito dalla tifoseria in quanto riferito al primo nome del club (Thames Ironworks F.C.).
La componente più violenta della sua tifoseria, la Inter City Firm, fu tristemente famosa per essere stata una delle “firm” di hooligans più attive e cattive in Inghilterra negli anni settanta ed ottanta, il cui segno distintivo era l'abbigliamento casual firmato. Oggi la quasi totalità dei suoi supporter ha sostituito calci e pugni, spranghe e coltelli con “bolle di sapone”..... La celebre canzone dal titolo “I'm forever blowing bubbles” è l'inno ufficiale del club da metà degli anni '20, introdotto dall'allenatore Charlie Paynter su segnalazione dell’amico Mr. Cornelius Beal, appassionato di calcio nonchè preside della Park School, situata in Ham Park Road.

Si premette che a quei tempi i campionati di calcio scolastici erano seguitissimi da più di mille spettatori a partita che si accalcavano intorno al rettangolo di gioco e dietro le porte; nella squadra della Park School giocava una grande promessa del calcio inglese, un ragazzo dai capelli biondi, un certo Billy Murray, detto Bubbles per la sua incredibile somiglianza al ragazzino che soffia bolle di sapone immortalato in un famoso dipinto di John E. Millais divenuto popolarissimo in quel periodo storico perchè utilizzato come sfondo grafico nella pubblicità del sapone Pears. Era diventata un portafortuna per la squadra della scuola questa canzonetta intonata da una parte di pubblico durante gli incontri di campionato scolastico, così il preside Beal la consigliò a Paynter.

Da quel giorno, al Boleyn Ground di Upton Park, viene cantata a squarciagola dai tifosi all'ingresso in campo delle squadre, dopo le reti segnate e, varie volte, a cappella durante i 90 minuti di gioco. Per gli appassionati di storia della musica si può affermare che il suo debutto avvenne negli Stati Uniti, a Broadway, nel 1918 nel musical 'The Passing Show' e che la sua prima registrazione venne effettuata l'anno seguente (1919); negli anni immediatamente successivi venne resa popolare nel Regno Unito dall'attrice/cantante Miss Dorothy Ward, che era solita eseguirla durante le sue apparizioni sui palcoscenici di teatri e music hall d'Inghilterra. La musica è di John W. Kellette mentre le parole sono accreditate a Jaan Kenbrovin, pseudonimo dei tre autori del brano (James Kendis, James Brockman e Nat Vincent).


Delle versioni presenti nel panorama musicale mondiale, degne di nota sono quella magistralmente eseguita da Ben Selvin e la “sua” Novelty Orchestra nel 1919, quella del maestro russo/statunitense George Gershwin al piano e la reinterpretazione punk rock del 1980 dei Cockney Rejects, gruppo Oi! formatosi nell'East End londinese alla fine degli anni settanta. E' stato detto che le parole della canzone sono forse troppo sentimentali per il XXI° secolo, ma, si sa, la tradizione è dura a morire, soprattutto in un Paese conservatore.


Versione inglese
I'm dreaming dreams,
I'm scheming schemes,
I'm building castles high.
They're born anew,
Their days are few,
Just like a sweet butterfly.
And as the daylight is dawning,
They come again in the morning.

I'm forever blowing bubbles,
Pretty bubbles in the air,
They fly so high,
Nearly reach the sky,
Then like my dreams,
They fade and die.
Fortune's always hiding,
I've looked everywhere,
I'm forever blowing bubbles,
Pretty bubbles in the air.

Traduzione italiana

Sto sognando sogni,
Sto schematizzando schemi,
Sto costruendo castelli in alto.
Sono rinati,
I loro giorni sono pochi,
Come per una dolce farfalla.
E quando il giorno sta sorgendo,
Tornano di nuovo nel mattino.

Soffierò le bolle per sempre,
Belle bolle nell'aria,
Volano così in alto,
Quasi raggiungono il cielo,
E poi, come i miei sogni,
Svaniscono e muoiono.
La fortuna si nasconde sempre,
Ho guardato ovunque,
Soffierò le bolle per sempre,
Belle bolle nell'aria.


FANTAGAZZETTA.IT

La vera storia di "Keep calm and carry on"




Chiunque sia stato a Londra e abbia avuto il coraggio di entrare in un souvenir shop, avrà sicuramente notato l'onnipresente scritta "Keep calm and carry on". Il celebre motto è utilizzato su tazze da the, tappetini da bagno, magliette, intimo per uomo o per donna e un'infinità di altri accessori senza limiti apparenti di buon gusto.

Al contrario di quanto molti potrebbero pensare, la frase non è stata partorita dalla fervida fantasia di un proprietario di souvenir shop londinese. La vera storia di questo motto è in realtà estremamente interessante, e risale alla prima metà del XX secolo.

Nella primavera del 1939, il governo inglese commissionò al ministero dell'Informazione una serie di poster di propaganda. Questo organo statale è esistito nel Regno Unito soltanto durante i due conflitti mondiali, ed il suo scopo era gestire la comunicazione con i cittadini.
L'obiettivo di questa serie di manifesti era rassicurare i cittadini, preoccupati per l'imminente conflitto e dai preannunciati attacchi sul proprio territorio. Furono realizzati tre modelli diversi, utilizzando un font creato appositamente e la corona Tudor come "marchio di garanzia". In questo modo ne fu resa molto difficile la contraffazione.


I primi due manifesti, che furono stampati e distribuiti nel settembre del 1939, riproducevano i seguenti messaggi: "Your Courage, Your Cheerfulness, Your Resolution Will Bring Us Victory" (Il vostro coraggio, la vostra allegria e la vostra decisione ci porteranno la vittoria) e "Freedom Is in Peril. Defend It With All Your Might" (La libertà è in pericolo. Difendetela con tutte le vostre forze).


La versione "Keep calm and carry on" - di cui furono stampate 2,5 milioni di copie - fu invece tenuta da parte, per essere utilizzata solo in casi di grave crisi o invasione. Per tutta la durata del conflitto il Ministero dell'Informazione non ritenne opportuno diffondere l'ultima versione del poster, che non fu mai mostrata al pubblico.

Per oltre 50 anni le poche copie che furono conservate rimasero a prendere polvere in qualche remoto archivio del Regno Unito. Fino a quando, nel 2000, i proprietari di una piccola libreria situata a 500 chilometri a nord di Londra acquistarono un baule contenente libri usati. All'interno scoprirono il manifesto, che diventò subito molto richiesto prima tra i clienti del negozio e poi in tutta Europa.

huffingtonpost.it

A RAFA PIACE IL SECONDO.

Nel caso volete invitarlo a casa per il pranzo domenicale, sappiatelo a Rafa piace il secondo.

Mazz 'e Mattarella fanno 'e figlie bell."

Stamattina ho chiesto al nonno di Luigino:
"Nonno di Luigino lei e' contento del nuovo Presidente della Repubblica?"
"E certo - mi ha risposto- giovanotto lo sapete come dicevano i miei coetanei, i vecchi antichi ?
Mazz 'e Mattarella fanno 'e figlie bell."

(Z


NAPOLI-CATANIA, DUE SQUADRE UN POPOLO




Fuori al San Paolo feci amicizia con dei catanesi, ad un tratto uno di loro mi allungò una sciarpa,
"Prendila-disse-questa non e' una sciarpa, e' la SCIARPA. Quella di tante trasferte e di mille battaglie. Indossala. Non sentirai nessuna differenza da quando hai al collo quella del Napoli. Vedi guardati intorno, ora che tutti si sono scambiati sciarpe e bandiere, sapresti distinguere un catanese da un napoletano?
Impossibile,vero? Tutti uguali, stessa faccia stessa razza.Noi non siamo due squadre, siamo un Popolo. Unico."

(