una storia, una notizia, o qualunque cosa valga la pena di essere raccontata



domenica 19 aprile 2015

PER CHI VOTA PAPERINO?


Vediamo, Topolino è un puntiglioso sostenitore di Beppe Grillo; Zio Paperone beh, lo Zio che per anni ha votato DC ora vota Forza Italia; Rockerduck mi hanno detto che vota Lega Nord; Gastone prima era berlusconiano, ora è diventato un renziano convinto; Archimede, Qui, Quo e Qua sono stati visti spesso alle manifestazioni di Sinistra Ecologia e Libertà; Pico de Paperis ha sostenuto Bersani alle scorse primarie e ora non condivide il nuovo corso del PD; Filo Sganga ha simpatie Radicali, per via di una vecchia amicizia con Marco Pannella; Gambadilegno si è schierato con Giorgia Meloni, perchè Giorgio Storace gli fa simpatia ( sarà per via della stazza); La Banda Bassotti non vota da decenni: "i politici ci hanno rubato il lavoro." - hanno dichiarato; Ecco di tutti, in un modo o in un altro si sa per chi hanno votato( Anche, per dire, di Miss Paperett, che alle europee ha votato Udc, si dice per via di una tresca con Pierferdinando), ecco dicevamo di tutti, a Paperopoli e dintorini, si conoscono le simpatie politiche, ma di Paperino no. Di Paperino nessuno sa per quale partito ha votato. E per quale partito voterà. Faccio delle ipotesi, tra me e me, chiedo in giro, agli amici più stretti. Ho telefonato anche anche a Paperoga. Ma niente. Nessuno mi ha saputo dire niente. Politicamente, Paperino è un mistero. Che vorrei tanto risolvere. Così per sfizio personale.

lunedì 13 aprile 2015

Io voglio bene a Napule,e voglio bene a te.

Io voglio bene a Napule
pecchè 'o paese mio
è cchiù bello 'e na femmena,
carnale e simpatia.
E voglio bene a te
ca si napulitana
pecchè si comm'a me
cu tanto 'e core 'mmano.
Saje scrivere, saje leggere
parole 'e passione;
saje ridere, saje chiagnere
sentenno na canzona.
Napule, tu e io...
simme tre 'nnammurate:
simmo na cosa sola,
gentile e appassiunata.

(Toto')

TANQUE DENIS, UN ABBRACCIO CHE VALE PIU' DI UN GOL

...Ci sono Gol che per quanto belli, possono regalare solo una vittoria, che dura lo spazio di un attimo. Poi ci sono abbracci che possono regalare un emozione. Che dura in eterno.
zZz

Pino, onestamente "Napul'e' " non e' che ha portato così bene

Pino, onestamente "Napul'e' " non e' che ha portato così bene. Fin dall' esordio, con sconfitta con la Juve. Oggi all' ingresso in campo del Napoli e' tornata Go West. E con lei i 3 punti. Lo sai bene pure tu, come diceva il compare Eduardo : "Essere superstiziosi e' da ignoranti. Ma non esserlo porta male." Ciao Guaglio', nun te piglia' collera. Che po' te saglie a' nervatura.

(ZzZ)

Li Galli: lì dove danzano le Sirene. Storia dell’isola della danza.


“Aggio trovato ‘o pazzo che s’è accattato ‘u scoglio”

(....)
“Gallo Lungo” è la più grande delle tre isole che andiamo ad esplorare ed è l’unica ad essere stata abitata fin dai tempi dei Romani (come si deduce dai resti ritrovati di una villa di tipo marittimo, con la domus, lo xjstus e il quartiere marittimo): ha una forma allungata che si estende per circa 400 m con una larghezza variabile che verso il centro è di circa 100 m e verso la “testa” è di circa 200 m. A ovest di Gallo Lungo si trovano “La Rotonda” e quella che porta il nome di “Isola dei Briganti”, anche se più comunemente l’isola compare nelle fonti letterarie con il nome di Castelluccio (o talvolta La Castelluccia). Fu Strabone, geografo greco del I secolo a.C. a descrivere per la prima volta le tre isole in due brani della sua “Geografia”, identificandole come sedi delle Sirene e dando loro il nome di Sirenai o Sirenussai. Va detto che oltre ai significati simbolici di più recondita pregnanza, le Sirene rappresentano anche gli ostacoli e i pericoli per la navigazione ed è proprio in quel tratto di mare che le correnti portavano spesso le imbarcazioni a schiantarsi contro queste isole, e a naufragare. Circa il nome Li Galli, risulta che nel 1131 le tre isolette erano chiamate “Guallo” e nel 1225 Federico II di Svevia le donò al monastero di Positano denominandole “tres Sirenas quae dicitur Gallus”, forse allusione alla forma ibrida di donne-uccello delle sirene di matrice greca. Oggi l’arcipelago fa parte dell’Area Marina Protetta di Punta Campanella.
III) LI GALLI NEL ‘900: ALLA RICERCA DELL’EDEN PERFETTO
L’ultimo a dare l’addio a quello che a partire dagli anni ’20 fu considerato il luogo ideale per farne un ‘santuario’ della danza internazionale, fu Rudolf Nureyev (1938-1993). Era il 3 settembre 1992 quando la grande stella della danza mondiale salutò per l’ultima volta la sua isola, Li Galli, sicuro che non l’avrebbe più rivista. Qualche testimone ricorda ancora il suo gesto di baciare più volte quegli scogli selvaggi che lo avevano accolto per 26 anni. Nureyev quell’estate vi era giunto a Ferragosto, la sua ultima estate prima che la malattia se lo portasse via, ed era talmente indebolito che – ricorda Pietro, il custode dell’isola – nonostante il clima caldo, era costretto a portare un pesante cappotto. Con Nureyev svaniva definitivamente il sogno di fare di quell’isola un eden dedicato all’arte della danza. Quello stesso sogno era stato coltivato decenni prima da un altro celebre danzatore e coreografo: il russo Leonid Fedorovič Mjasin, meglio noto col nome francesizzante di Léonide Massine. Grazie all’intervento del suo amico Michail Nikolaevic Semenov, scrittore e segretario di Diaghilev in Italia con residenza a Positano, Massine era riuscito a fare il colpaccio di acquistare Li Galli, battendo sul tempo un altro straniero, lo scrittore svizzero Gilbert Clavel, che già da qualche anno amoreggiava con quegli isolotti mentre era intento a ristrutturare la sua splendida torre a Positano. Massine invece aveva notato Li Galli nel 1917 quando era giunto in Italia insieme ai Balletti Russi di Sergej Diaghilev e, trovandosi in tour al Teatro di San Carlo di Napoli, era approdato nel borgo marinaro di Positano, ospite presso il Mulino d’Arienzo, antichissima struttura adattata a dimora estiva dal suo connazionale Semenov e da sua moglie Valeria.
Nella sua autobiografia “La mia vita nel balletto” (Fondazione Léonide Massine, Napoli 1995), l’artista narra il suo primo impatto con Li Galli: «I Semenoff vivevano sulla cime del villaggio, in un grazioso mulino antico adattato. Durante la prima notte che trascorsi lì, guardando fuori dalla finestra, notai una deserta isola rocciosa a molte miglia fuori costa. Quando, il mattino seguente, chiesi notizie di essa a Mikhail Nikolaevic [Semenov], egli mi disse che era la più grande delle tre isole de Li Galli, essendo le due più piccole nascoste alla vista. Esse appartenevano alla famiglia locale dei Parlato, che vi si recavano solo per la caccia di quaglie in primavera. In giornata prendemmo una barca per l’isola che avevo visto e scoprii che era formata da aspre rocce grigie prive di vegetazione, ad eccezione dei pochi cespugli arsi dal sole. Fui sopraffatto dalla bellezza della vista sul mare, col Golfo di Salerno che si estendeva in lontananza. Con Paestum a sud e i tre faraglioni di Capri all’estremità settentrionale del Golfo, essa possedeva tutta la potenza drammatica di un dipinto di Salvator Rosa. Il silenzio era infranto solo dal mormorio del mare e da qualche grido di gabbiano. Sapevo che in quel luogo avrei trovato la solitudine che cercavo, un rifugio dalle pressioni estenuanti della carriera che avevo intrapreso. Decisi dunque, proprio lì e in quel momento, che un giorno avrei acquistato l’isola e ne avrei fatto la mia casa». Quel sogno si sarebbe realizzato solo nel 1924, al costo di 300 mila lire dell’epoca: fu un acquisto che gli fece guadagnare la fama di pazzo acquirente di un’isola rocciosa buona solo per l’allevamento di conigli. E’ rimasta leggendaria la scena della signora Antonietta Parlato che corre per l’arenile di Positano urlando in dialetto locale “Aggio trovato ‘o pazzo chi s’è accattato ‘u scoglio” (Ho trovato il pazzo che ha comprato lo scoglio).
Ad ogni modo Massine fu soddisfatto del suo acquisto, sebbene col tempo si rendesse conto di quanto fosse difficile avere a che fare con la furia di mare e vento, sempre pronti a insidiare ogni opera umana: a cominciare dall’anfiteatro che l’artista volle sul modello di quello di Siracusa e che una tempesta distrusse nel 1964. Riuscì tuttavia a creare dei terrazzamenti in una parte dell’isola impiantando un ampio vigneto, oggi rimpiazzato da un vasto orto, e fece edificare una villa (Villa Grande, poi Villa Massine) che divenne la sua residenza, ristrutturata nel 1937 dal celebre architetto Le Corbusier. Degni di nota sull’isola sono anche un belvedere con vista su Capri, con fontana centrale decorata a mosaico, e le terrazze rivolte verso la Costiera Amalfitana. Nonostante le difficoltà, quel luogo così impervio riusciva però a stimolare la creatività di Massine che, ricordano testimoni dell’epoca, amava inoltrarsi fra la macchia mediterranea, meditando per ore intorno alle sue coreografie. Il suo ulteriore sogno era però quello di trasformare Li Galli in un centro d’arte che riunisse varie discipline, dalla danza alla composizione musicale, alla pittura, secondo la geniale idea di Diaghilev. Coltivò questo progetto per anni, soprattutto nei lunghi mesi che trascorreva sull’isola insieme al padre, conducendo una vita alquanto schiva. Così scrive infatti nelle sue memorie: “«Mi ritrovai a pensare a Li Galli, alla prima volta che la vidi nel 1917, alla mia decisione di acquistarla. Mi sembrava che fosse sempre stata più che un semplice rifugio; essa rappresentava qualcosa nella mia vita che dovevo ancora scoprire[…] Per molti aspetti, Li Galli è stata una delle cose più importanti della mia vita. È lì che ho concepito la coreografia di alcune delle mie produzioni più ambiziose. È lì che ho eseguito molte ricerche per il mio manuale. Quando la acquistai, la consideravo solo un rifugio dalle tensioni della mia carriera. Ma ora comprendo che essa è stata una fonte di ispirazione e mi ha portato più vicino ad una vita di semplicità, offrendomi un genere di serenità e di pace spirituale che non ho mai trovato in nessun altro posto. Perciò mi piacerebbe vedere l’isola svilupparsi come un luogo dove giovani artisti da tutto il mondo potessero venire, per ritirarsi dal soffocante materialismo della vita moderna e trarre ispirazione, come me, dalla sua naturale bellezza e dalla sua magnifica cornice paesaggistica».
A contrapporsi a questo suo disegno fu innanzitutto l’inclemenza degli elementi naturali, ma l’artista non smise, con ottimismo, di coltivare il suo sogno: «Nel gennaio del 1964 una tempesta demolì parzialmente il sito che stavo preparando per l’anfiteatro. Ero sull’isola a quel tempo e, precipitandomi fuori, vidi enormi pezzi di calcestruzzo frantumarsi in mare. Ma non sono scoraggiato e ho in programma di continuare con l’anfiteatro che ho disegnato secondo i modelli che ho visto a Siracusa, con l’aggiunta di una diga marittima per proteggerlo dalle tempeste. Quando tutto il lavoro sarà completato, intendo stabilirvi una fondazione che manterrà l’isola come un centro artistico e, in tal modo, spero di portare avanti la tradizione di Diaghilev di riunire insieme giovani pittori, compositori, scrittori, danzatori e coreografi, per scambiarsi idee e collaborare a nuove opere[…] Appena avrò sufficienti risorse finanziarie, comincerò la mia impresa che chiamerò Les Soirées aux Îles des Galliés».
Purtroppo la sua aspirazione non si realizzò. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1979, il figlio Lorca, non potendo più sostenere le spese, decise di vendere Li Galli a Rudolf Nureyev, che aveva conosciuto le isolette in occasione di un viaggio a Positano per ritirare il premio “Léonide Massine per l’arte della danza”. Il danzatore ne fece il suo rifugio estivo (vi trascorreva l’intero mese di agosto), ma a differenza di Massine frequentava molto di più Positano, partecipando alla vita mondana del borgo, presso ville di amici o presso il ristorante la Buca di Bacco. Nureyev impresse agli arredi della casa il suo gusto orientaleggiante per le ceramiche, i cuscini e i tappeti e nella torre saracena ricavò una sala di danza con pavimento in parquet di pino, piena di specchi e sbarre per i suoi esercizi quotidiani. Con Massine e Nureyev si è dunque chiusa, almeno per il momento, l’epoca d’oro della presenza umana a Li Galli (dal ’94 di proprietà dell’albergatore sorrentino Giovanni Russo che oggi la fitta ma è pronto a vendere) ma il ricordo dei due grandi artisti sopravvive ancora, oltre che in gran parte dell’assetto dei luoghi, nel Premio Positano intitolato a Léonide Massine e giunto ormai alla sua 40a edizione. Alle Sirene di Li Galli non rimane dunque che il compito di ispirare un nuovo incantamento…

FAMEDISUD.IT

sabato 4 aprile 2015

VECCHIE ABITUDINI



Nonostante un attaccante (Majella) che non giocherebbe neanche nella "PanCecchiello" al torneo interparrocchiale di Santa Lucia e una Società che ha cambiato più Presidenti che la Regina Giovanna amanti, i ragazzi della curva del Sorrento non hanno mai smesso di incitare la squadra. Dal primo all' ultimo minuto. Intervallo compreso. Loro hanno vinto e meritano di piu'. Almeno un tiro in porta,qualche calcio dato con "cazzimma" e maglie sudate al 90°. Ci mancavo da tanto, torno a casa contento. Non per il risultato (ovvio), ma perché la mia vecchia curva e' viva.

Meritano di più. Mai coro fu più' giusto.

Avanti Ultras, voi sì a TESTA ALTA, come SEMPRE.

Un Selfie con MarcoTRONCHETTI Provera



Un Selfie con MarcoTRONCHETTI Provera. A breve l' intervista in esclusiva ZZZ.

QUELLA VOLTA CHE...NAPOLI 0 - SORRENTO 1



29 Agosto '71/ Coppa Italia/ Stadio San Paolo/ Napoli - Sorrento 0-1/Rete: 43°Pt Bozza(S)

Nelle foto :scambio di gagliardetti tra i capitani Jose' Altafini e Pietro Costantino, e il gol di Paolino Bozza. L' attaccante rossonero fa in tempo ad anticipare lo stopper Dino Panzanato ed infilare Dino Zoff con una rasoiata del suo proverbiale piede sinistro.



[Il Calcio a Sorrento: Settant' anni di storia di A.e G. Siniscalchi]