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domenica 31 ottobre 2010
Sarti, panettieri, falegnami i posti che nessuno vuole
ROMA - Se finestre e porte di casa vostra traballano preparatevi ad aspettare mesi prima di trovare qualcuno che intervenga. Se vostro figlio dice che da grande vuol fare il pasticcere o il marmista non consideratela una "diminuzione": crescerà occupato e realizzato. Nell'Italia della disoccupazione giovanile oltre il 25 per cento ci sono posti di lavoro che restano "vuoti" perché nessuno vuole o, più probabilmente, non sa farli.
Ci sono ragazzi a spasso e imprese a corto di personale: ce lo dice una ricerca della Confartigianato che ha stilato la classifica dei mestieri "trascurati" e delle professioni per le quali c'è tanta domanda e poca offerta.
Il caso è serio: elaborando dati del ministero del Lavoro e di Unioncamere il rapporto assicura che, nel 2010, la difficoltà di reperimento del personale è tornata ad aumentare. Manca di "copertura" il 26,7 per cento delle assunzioni programmate (sei punti in più rispetto all'anno scorso). Eppure negli ultimi due anni la crisi ha picchiato forte soprattutto sulle generazioni che si affacciano al mercato del lavoro: nella fascia che va dai 15 si 34 anni ci sono 216 mila disoccupati in più.
Ma quali sono le "arti" che offrono impiego e non lo trovano? Niente te a che fare con l'alta tecnologia, con i segreti del web e con i mille "corsi di computer" che milioni di famiglie hanno pagato e fatto frequentare ai figli pur di riciclare il vecchio diploma o, ancor pegg, la fresca laurea.
Alle imprese italiane - piuttosto - servono installatori di infissi e serramenti: quest'anno, assicura la Confartigianato, le aziende erano pronte ad assumerne 1.500, ma nell'83,3 per cento dei casi non hanno trovati quello che cercavano. Stesso problema per i panettieri, i pastai, gelatai, pasticceri, tagliatori di pietre, marmisti, falegnami, cuochi, sarti, tessitori.... insomma 68 mestieri (tanti ne elencano gli artigiani) dove il "saper fare" conta, ma non si trova. Dove il lavoro è fatica anche fisica e la manualità fondamentale. Posti che restano vacanti sia perché i candidati che si presentano sono pochi , sia perché quelli che ci provano non sono adatti.
Difficile quindi cavarsela dicendo che i giovani sono "bamboccioni" o "fannulloni", difficile pensare che nessuno di loro voglia più "imparare un mestiere", visto che il paese pullula di ragazzi che fanno lavori altrettanto faticosi, probabilmente meno pagati, precari per definizione, ma abbastanza generici da poter essere svolti senza una specifica preparazione.
L'Italia in realtà pecca in formazione, e anche in informazione. Lo stesso rapporto Confartigianato fa notare che due giovani su tre (oltre 9 milioni) non hanno contatti con il mondo del lavoro durante il periodo degli studi, solo il 4 per cento ha alle spalle esperienze di stages o tirocini. Ancor più grave la questione del "canale" di avvio al lavoro: la strada per capire chi e dove assume resta oscura. Al termine del percorso scolastico solo l'8,3 per cento dei ragazzi trova lavoro grazie alle Agenzie, ai Centri per l'impiego o alle segnalazioni delle scuole stesse. Come ai vecchi tempi la maggior parte dei primi ingressi nel mercato del lavoro (oltre il 55 per cento dei casi) avviene grazie alle segnalazioni di amici, parenti, conoscenti. Il caso, la fortuna, la "raccomandazione".
LA REPUBBLICA.IT
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