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lunedì 1 luglio 2013

___La leggenda di Niccolò o Cola Pesce____

A NAPOLI all'incrocio tra via Mezzocannone e via Sedile di Porto, c’è un bassorilievo incassato nel muro: è scolpita l’immagine di un uomo barbuto con un lungo pugnale nella mano destra. Fin dal '500 è considerata dai napoletani quella di Niccolò Pesce o Colapesce, famoso protagonista di una delle più intriganti e misteriose leggende napoletane.....

"Mi persi molte volte, fanciullo, con l'immaginazione nei fondi del mare che l'ardito esploratore frugava e per un pezzo mi rimase in un cantuccio dell'anima il fascino di quella figura e di quelle imprese".

Colapesce abitava i fondali tra Napoli e Messina e il re di Napoli, conoscendone le eccezionali doti, lo incitava spesso a scendere negli abissi per appagare le sue curiosità. Colapesce raccontò infatti al re di aver visto il fondo del mare coperto da coralli e disseminato da scheletri, carcasse e navi sommerse che celavano tesori. Risalì portando grandi quantità di gemme trovate in grotte e cunicoli scoperti sotto all'isolotto del Castel dell'Ovo e riferì inoltre di aver scoperto la Sicilia sorretta da tre immense colonne, di cui però una era spezzata.
Per percorrere queste grandi distanze sott'acqua Niccolò si faceva ingoiare da un enorme pesce e quando aveva raggiunto la sua meta gli tagliava il ventre per uscirne. Le sue perlustrazioni sembravano non avere limiti e anche quando gli venne chiesto di superarli accettò di buon grado, ma in tutte le versioni della sua leggenda, nonostante le sue incredibili capacità, pose fine alle sue immersioni da uomo, non riemergendo più. Il mito messinese lo vuole ancora sotto la Sicilia impegnato a sorreggere la terza colonna per impedire l'inabissamento di Messina. Un'altra versione racconta che l'imperatore Federico II volle sottoporlo a una gara mettendo in palio il matrimonio con la propria figlia. Invitato a recuperare gioielli buttati in mezzo allo stretto di Messina a profondità sempre più impegnative, Cola non riuscì più a risalirne. Secondo la leggenda napoletana invece il re fece sparare una palla di cannone chiedendogli di riportarla e Cola si lanciò in acqua e le nuotò dietro, senza fermarsi mai, per un attimo giunse anche a toccarla, ma all'improvviso, sollevata la testa in alto, vide sopra di lui le acque tese e ferme, che lo sovrastavano come un marmo sepolcrale e si ritrovò in uno spazio vuoto e silenzioso. Impossibile riafferrare le onde, impossibile ricominciare a nuotare.
Gli storici non sono concordi su una versione univoca, né sulla sua genesi e neanche sul periodo in cui sarebbe vissuto il pesce Niccolò, addirittura l'interpretazione mitica di Stendhal mette in relazione Niccolò con la figura di san Nicola di Bari, protettore del mare e attraverso il santo cristiano, col dio pagano Poseidon.
A Napoli l'immagine stessa è stata tramandata da un bassorilievo, visibile in via Mezzocannone e oggi conservato al Museo di San Martino, in cui Cola era rappresentato come un uomo villoso, con il lungo pugnale di cui si serviva per tagliare il ventre dei pesci in cui viaggiava. Il popolo ancora nel Seicento ne parlava come di un uomo selvaggio, marino, che ogni tanto riappariva per discorrere con i marinai e informarli delle scoperte che continuava a fare.

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