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giovedì 6 giugno 2013

"Vai, Orfeo.....Euridice ti ama davvero.”

Narra Ovidio nelle Metamoforsi (X, 61-63): "Ed Ella, morendo per la seconda volta, non si lamentò; e di che cosa avrebbe infatti dovuto lagnarsi se non d'essere troppo amata? Porse al marito l'estremo addio, che Orfeo a stento riuscì ad afferrare, e ripiombò di nuovo nel luogo donde s'era mossa"_______________________________
"Mio amato, nulla mi piacque nella mia breve vita terrena quanto il rivedere oggi il tuo volto amato, di cui custodivo la mappa nelle dita, e i tasselli del mondo, che tutto, alberi e mare e fiumi e cielo in esso si rispecchiava. Sei venuto fin qui, attraversando l'Ade,persuaso che gl'inferi fossero un luogo, come sono luoghi i monti e le paludi e i burroni e le valli in quello che qui chiamiamo il rovescio del mondo, perché la vostra luce non è che il sogno, l'illusione, il riflesso della tenebra eterna.
Ma gl'inferi sono un luogo dell'anima...troppo i miei occhi hanno veduto... Mio amato amante, quanto coraggio hai chiesto al tuo cuore per giungere fin qui, dove le cose del mondo che tanto amammo si svelano nella loro grigia essenza di freddo nulla, ombre fra ombre, e mi chiedo quale dono potrei farti io...
Vedi, gli dei avari mi concessero di seguirti, ma non mi dettero il dono dell'oblio, e dunque avendo io toccato la fredda essenza del nulla gelerei il flusso impetuoso che sgorga dal tuo amore, e il mio sguardo gelerebbe i frutti sugli alberi, e i fiori al mio tocco appassirebbero, e tu ti perderesti nel buio dei miei occhi, gallerie di tenebra che conducono al nulla.
Lascerò dunque per un'ultima volta che la luce illumini l'ombra del mio viso che fu bellissimo, e che aveva nel riso il suo più bell'ornamento...potente come il suono della lira era per te il richiamo di quel riso, e dunque riderò...ti volterai, amore amato, perdendomi in quell'istante.
Vai, amato amante, vai...gli uomini hanno il dono dell'oblio...ti rendo al tuo mondo di carne,di sudore, di saliva, di sangue...e di mare, e terra, e luce e frutta e uccelli e cielo e grida e amore e odio e vita... e Vita.
Vai, Orfeo. Torna nel tuo mondo che non è più il mio.Prendi il dono crudele.
Euridice ti ama davvero.”


LA STORIA D' AMORE di ORFEO e Euridice

Orfeo era un musico ed un geniale poeta: la sua musica e i suoi versi erano così dolci e affascinanti che l'acqua dei torrenti rallentava la sua corsa, le bestie feroci accorrevano mansuete ai suoi piedi e persino le pietre gli si avvicinavano per ascoltarlo.

Orfeo, come altri eroi greci, partecipò alla spedizioni degli Argonauti e quando la nave Argo giunse in prossimità dell'isola delle Sirene, coprì con il suono della sua lira, la dolcezza tentatrice del loro canto, di modo che gli Argonauti non cedettero alle loro insidie.

Orfeo si era innamorato ed aveva sposato la ninfa dei boschi Euridice, la quale un giorno sfuggendo ad un innamorato sgradito, Aristeo, era stata morsa da un serpente nascosto tra l'erba alta ed era morta all'istante.

Orfeo, impazzito dal dolore e non riuscendo a concepire la propria vita senza la sua sposa decise di scendere nell'Ade per cercare di strapparla dal regno dei morti.

Con la sua musica riuscì ad azzittire Caronte: l'orribile cane con tre teste, non abbaiò e lo traghettò sull'altra sponda del fiume Stige, le Erinni, terribili dee infernali, si misero a piangere ed i tormenti dei dannati cessarono.

Una volta giunto alla presenza del dio Ade e sua moglie Persefone, Orfeo iniziò a cantare la sua disperazione e la sua solitudine e nel canto mise tanta abilità e tanto dolore che gli stessi signori degli inferi si commossero e per la prima volta nell'oltretomba si conobbe la pietà come narra Ovidio nella Metamorfosi.

Gli dei degli Inferi concessero ad Orfeo di ricondurre Euridice nel regno dei vivi, ma ad una condizione: durante il viaggio verso la luce ed il mondo dei vivi, Euridice avrebbe dovuto seguire Orfeo lungo la strada buia degli inferi e lui non avrebbe mai dovuto voltarsi a guardarla.

Orfeo, presa così per mano la sua sposa iniziò il lungo cammino verso la luce e dietro a loro, il dio Hermes che doveva controllare che tutto si svolgesse secondo il volere di Ade.

Durante il viaggio, un sospetto cominciò a farsi strada nella mente di Orfeo, pensando di condurre per mano un'ombra e non Euridice.

Dimenticando così la promessa fatta, si voltò a guardarla, ma nello stesso istante in cui i suoi occhi si posarono sul suo volto, vide Euridice venire risucchiata indietro e morire ancora. Euridice svanì ed Orfeo assistette impotente alla sua morte, per la seconda volta.

Invano Orfeo per sette giorni cercò di convincere Caronte a condurlo nuovamente alla presenza del signore degli inferi ma questi per tutta risposta lo ricacciò alla luce della vita.

Da allora Orfeo suonò con la sua lira solo melodie malinconiche, in onore della sua sposa che non era riuscito a strappare ad Ade, rifugiato sul monte Rodope, in Tracia, trascorrendo il tempo in solitudine e nella disperazione.

(SETTEMUSE.IT)

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