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venerdì 2 novembre 2012

“Forsan et haec olim meminisse iuvabit” LA STORIA di 'onna Lionora

                                            Eleonora de Fonseca Pimentel


Storia di Donna Eleonora Pimentel Fonseca, detta la Pimentella,idealista tradita da tutti (dal popolo, che si era illusa di servire, dalla Rivoluzione, palesatasi attraverso i soldati francesi che uccidevano e depredavano i napoletani, e alla fine pure dalla sua ex amica, consorte del re, che non mosse un dito per salvarle la vita)
Intellettuale poliglotta, poetessa e fine letterata,Eleonora Pimentel Fonseca   fu data in sposa ad un capitano napoletano da cui venne regolarmente maltrattata, tanto da procurarle un’interruzione di gravidanza. Lasciato il marito, Eleonora si legò in amicizia alla regina Maria Carolina d'Austria, consorte di Ferdinando di Borbone, e con essa frequentò i salotti napoletani dove liberali e massoni discutevano di monarchia moderna e di dispotismo illuminato.Gli ideali della rivoluzione Francese infiammano lo spirito anche di Eleonora che si getta nell'impegno politico per l'affermazione della libertà e per il progresso delle classi meno fortunate, tanto da introdurre nascostamente, durante un ricevimento a Corte, alcune copie in italiano del testo della Costituzione approvata dall'Assemblea francese. Ma la Rivoluzione Francese allontanò le due amiche: la fine della sorella Maria Antonietta per mano dei giacobini indusse la regina di Napoli e Sicilia a condividere la dura repressione contro gli illuminati che prima aveva guardato con una certa simpatia, mentre Eleonora fu arrestata con l’accusa di giacobinismo e divenne poi una protagonista della Repubblica Partenopea, soprattutto come direttrice del Monitore Napoletano, organo ufficiale di quella breve esperienza rivoluzionaria. Breve perché fin dall’inizio non godè del sostegno popolare, anzi, tutt’altro: la maggioranza dei napoletani fu da subito contro i francesi e la Repubblica nacque sotto scorta militare ed al prezzo di uno scontro sanguinoso dove furono migliaia i “lazzari” antigiacobini a morire ammazzati dai cannoni della Rivoluzione.
.'onna Lionora, che aveva sposato con passione la causa della Rivoluzione Francese, una volta che il potere Giacobino si era instaurato a Napoli, e aveva mostrato il suo vero volto ( fatto di sanguinose repressioni, di soprusi e angherie ai danni del popolo napoletano“… So' venute li Francise aute tasse n'ci hanno mise
Liberté... Egalité...io arruobbo a te tu arruobbe a me…”
)  non esitò a denunciare  con appassionati editoriali sulle pagine Del Monitore Napoletano le ruberie e le malefatte francesi .

Dopo pochi mesi la Repubblica fu rovesciata e la monarchia restaurata.
Eleonora venne arrestata con tutti gli altri dirigenti e rinchiusa in attesa di essere espulsa dal Regno. Ma il Borbone, inferocito per lo smacco subìto quando i francesi lo avevano costretto ad un fuga precipitosa, si vendicò non riconoscendo la capitolazione e pretendendo la morte di buona parte dei “congiurati”.
Giuseppe Boschetto, “La Pimentel condotta al patibolo”, olio su tela, 1869
Giuseppe Boschetto, “La Pimentel condotta al patibolo”, olio su tela, 1869

A 'onna Lionora, non fu riconosciuta la sua indipendenza culturale dal potere giacobino, e il 20 agosto 1799 fu condotta sul PATIBOLO, le ultime sue parole furono quelle di Virgilio dall’Eneide:

“Forsan et haec olim meminisse iuvabit” (“Forse un giorno gioverà ricordare tutto questo”)

Invece, intorno alle forche allestite in Piazza del Mercato dove il boia Mastro Donato amministrava le esecuzioni, il popolo dei “lazzari” cantava:

“A signora 'onna Lionora
che cantava 'ncopp' 'o triato
mo abballa mmiez' 'o Mercato
Viva 'o papa santo
ch'ha mannato 'e cannuncine
pe' caccià li giacubine
Viva 'a forca 'e Mastu Donato!
Sant'Antonio sia priato”.


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