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domenica 29 luglio 2012

ZANZAOLIMPIADI: John Stephen Akhwari


Akwhari, le sue gesta nella maratona del Messico 1968

Osmany Gonzalez Tocabens*
 

Non si può abbandonare una corsa olimpica: non si può, in particolare, se senti la responsabilità di rappresentare un popolo, e se – come dichiaró Akhwari – “My country did not send me to 5,000 miles to Mexico City to start the race. They sent me 5,000 miles to finish the race”. E quindi si barcolla fino all’ultimo metro, anche se i tuoi avversari sono già usciti dagli spogliatoi e dallo stadio. Ed il pubblico che torna sugli spalti per acclamarti e’ la colonna sonora delle Olimpiadi.


Mentre alcuni atleti danno importanza al raggiungimento della fama e delle medaglie per una questione personale, per John Stephen Akhwari il successo è stato compiere il suo compromesso di arrivare alla meta nei XIX Giochi Olimpici.

Il maratoneta della Tanzania nell’Olimpiade del Messico 1968, senza essere mai salito prima sul podio, è stato protagonista di uno dei momenti principali della storia di questo grande evento.

Il 20 ottobre di quell’anno, appena finita la cerimonia di chiusura dei Giochi nello stadio olimpico di quella città, quando gli spettatori ed i partecipanti cominciavano ad abbandonare l’istallazione, il maratoneta con il numero 36 entrava attraverso il tunnel davanti agli sguardi increduli ed all’ovazione di tutti.

La competizione di questo tipo di sport era già finita da circa un’ora, le medaglie pendevano dal collo dei vincitori, però per sorpresa dei presenti, il desolato fondista pretendeva finire gli ultimi 400 metri, misurando ognuno dei suoi passi, con una gamba sanguinante bendata malamente con dei fazzoletti.

Akhwari, nato nell’anno 1942 a Mbulu, in Tanzania, è caduto al chilometro 19, si era fatto una ferita al ginocchio ed anche alla spalla, secondo il controllo medico fatto posteriormente.

Gli mancava solo da correre un’ultima volta intorno all’ovale nella carriera olimpica per eccellenza, che mette a prova il coraggio, la determinazione e la capacità di sofferenza degli atleti.

La risposta del pubblico è stata sorprendente. Erano davanti ad uno dei maggiori esempi di coraggio e di superazione mai ricordati. Appena sulla pista, ha cominciato a correre lentamente, strisciando la sua gamba destra, mostrando chiaramente sintomi di dolore, fatica e sofferenza. L’atleta della Tanzania ha percorso i 42, 195 chilometri dei Giochi Olimpici del Messico, sostenuto dagli “evviva!” di tutti i presenti.

Il suo arrivo alla meta è stato tanto emozionante che è diventato una leggenda. Quando gli hanno chiesto perché non aveva abbandonato la corsa, la semplicità della sua logica ha rifiutato qualsiasi possibile speculazione
: “Il mio paese mi ha fatto viaggiare 10mila chilometri non solo per cominciare la corsa, ma mi hanno fatto viaggiare 10mila chilometri  per finirla”.

Due anni dopo questa prodezza, Akhwari ha finito la quinta maratona dei Giochi del Commonwealth disputati ad Edimburgo. Nel 1983 ha ricevuto la medaglia d’onore come eroe nazionale del suo paese e posteriormente si è creata la John Stephen Akhwari Athletic Foundation, un’organizzazione che appoggia la formazione e l’allenamento degli atleti tanzaniani allo scopo di farli partecipare nei Giochi Olimpici.

Le gesta di Akhwari nella maratona hanno rappresentato il meglio dell’atletismo e dei suoi valori nei giochi dei cinque cerchi e rimarranno per sempre nella memoria storica di tutti coloro che vivono lo sport, al di là della pubblicità e dei premi.


                                                   
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