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martedì 10 aprile 2012

La Leggenda di Castel dell'Ovo

Una leggenda molto conosciuta fin dall’epoca antica, risalente addirittura al trecento racconta che, il sommo poeta Virgilio sia vissuto a Napoli per molto tempo e abbia operato molti cambiamenti nella citta’ per migliorarla e renderla ancora piu’ bella e accogliente.


Della sua arte magica e’ rimasta risonanza in tutto il mondo. Fece le cose piu’ strane che ancora oggi hanno riscontro nei muri, nelle grotte, nelle strade.


Una delle magie che Virgilio opero’ a Napoli riguarda il Castello dell’Ovo. Tuttora spicca nel mare dell’attuale via Caracciolo, offrendo uno scorcio di paesaggio suggestivo e affascinante nella passeggiata quotidiana degli abitanti o agli occhi stupiti dei turisti. Questo Castello si chiamava Marino perche’ sorgeva nelle acque . Nei suoi sotterranei il poeta latino pose un uovo di gallina sistemato in una caraffa di vetro piena d’acqua protetta da una gabbia di ferro. Questa fu appesa a una pesante trave di quercia sistemata in una cameretta fatta cost ruire apposta nella quale penetrava un raggio di luce. Da quest’uovo, credeva Virgilio, sarebbe dipesa al sorte di quel castello. Il luogo ove era conservato l'uovo, fu chiuso da pesanti serrature e tenuto segreto poiché da "quell'ovo pendevano tutti li facti e la fortuna del Castel Marino".

 Cronaca di Partenope - Anno del Signore 1350.

“ Come consacrò lo ovo allo Castello de l’Ovo, dove pigliò lo nome. Era in-del tempo de lo ditto Virgilio un castello edificato dentro mare, sovra uno scoglio, come perf i’ mo’ è, il quale se chiamava lo Castello Marino overo di Mare, in-dell’opera del quale castello Virgilio, delettandose con soe arte, consacrò un ovo, il primo che fe’ una gallina: lo quale ovo puose dentro una caraffa per lo più stritto forame de la detta caraffa, la quale caraffa et ovo fe’ ponere dentro una gabia di ferro suttilissimamente lavorata. E la detta gabia, la quale contineva la caraffa e l’ovo, fe’ ligare o appendere o chiovare con alcune lamine di ferro sotto uno trave di cerqua che stavo appoggiato per traverso a le mura d’una cammarella fatta studiosamente per questa accasione con doe fossice, per le quali intrava il lume; e con grande diligenzia e solennità la fe’ guardare in-de-la detta cammarella in luogo segreto e fatto siguro da bone porte e chiavature di ferro, imperoché da quell’ovo, da lo quale lo Castello pigliò il nome, pendevano tutti li fatti del Castello, Li antiqui nostri tennero che dall’ovo pendevano li fatti e la fortuna del Castello Marino: zoè lo Castello dovrìa durare tanto quanto l’ovo si conservava cossì guardato.”

Si cominciò a credere che finché l’uovo non si fosse rotto città e castello sarebbero stati protetti da ogni tipo di calamità, ma se qualcosa fosse accaduto all'uovo, guai a Napoli ed ai napoletani! 

 

VIRGILIO e GLI ALCHIMISTI

Tutti gli studiosi di alchimia sanno benissimo che il termine “uovo” è il sostitutivo esoterico dell’ Athanor, il piccolo matraccio di metallo o di un particolare vetro nel quale è possibile realizzare la lenta trasmutazione dello zolfo e del mercurio (gli elementi primari) in oro alchemico. L'acqua marina, poi, distillata, è ritenuta l'unico surrogato della rugiada raccolta nella notte, cioè dell'acqua degli alchimisti, che deve possedere un grado altissimo di "purezza cosmica",
L’isolotto di Megarite, da diverse documentazioni, è risultato ritrovo per lungo tempo di adepti a tale “scienza” e probabilmente il mio Virgilio si è addentrato sempre di più nella conoscenza segreta della natura, iniziandosi ai culti di Cerere e Proserpina, e a quel complesso di dottrine filosofiche, pratiche magiche e investigazioni tutte tese alla ricerca della pietra filosofale, ossia del principio in grado di spiegare i segreti della vita e di trasformare in oro gli altri metalli, da operare poi sperimentazioni all’interno del castello.
Quindi l’ “ovo” nella gabbia di metallo in realtà poteva non essere un vero uovo e Virgilio poteva essere non solo un letterato ma un vero pre-alchimista.

 

L' UOVO SI è ROTTO??  QUELLA VOLTA CHE A NAPOLI SI SCATENO' IL PANICO


La legenda ha tenuto per secoli, ed il castello non ha mai avuto altro nome. Quando il Petrarca venne a Napoli ospite del re Roberto d'Angiò, apprese anch'egli, la storia dell'uovo incantato del castello. Al tempo della regina Giovanna I, il castello subì ingenti danni a causa del crollo parziale dell'arco che unisce i due scogli sul quale è poggiato e la Regina dovette solennemente giurare di aver provveduto a sostituire l'uovo per evitare che in città si diffondesse il panico per timore di nuove e più gravi sciagure. I lavori di restauro fatti a quell'epoca mutarono in parte la linea architettonica del forte normanno.

FONTE:  http://guide.supereva.it  e http://www.ilportaledelsud.org http://chitarraedintorni.blogspot.it..

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