Aniello Califano, poeta sorrentino di fine '800, scrittore a getto continuo di canzoni di successo, non avrebbe certo immaginato che il suo 'O surdato 'nnammurato, musicato dal napoletano Enrico Cannio, avrebbe un giorno conquistato l'Inghilterra. La canzone, che da 36 anni è diventata l'inno del Napoli, cantata ancora una volta a squarciagola nello stadio San Paolo da sessantamila tifosi azzurri a conclusione del match vittorioso contro il Manchester City, sta spopolando nelle cronache britanniche della partita di martedì sera.
(...)'O surdato 'nammurato non è un coro di incitamento, non è una marcia, non ha un ritmo di guerra e di sfida. E' una canzone d'amore e una squadra come il Napoli, di una città d'amore come Napoli, non potrebbe essere accompagnata diversamente nelle sue imprese. E' un inno d'amore e di fedeltà assoluta. E' un canto appassionato che sgorga da cuori innamorati e fedeli a una maglia e a una squadra. E' un sonoro "commento" di felicità nelle giornate gioiose.
quando è diventato l'inno del tifo azzurro?
Era il 7 dicembre 1975 e allo Stadio Olimpico di Roma si giocava Lazio-Napoli. La squadra azzurra trascinava in trasferta migliaia di fedelissimi. Era il Napoli ruggente di Vinicio che, l'anno prima, aveva sfidato la Juventus per lo scudetto. A Roma quella domenica di dicembre c'erano trentamila napoletani. E il Napoli era nelle primissime posizioni della classifica.
IL GOL DI BOCCOLINI |
Lo stadio Olimpico |
La partita si mise subito bene per i colori azzurri perché andò immediatamente in gol Gigi Boccolini, fedele scudiero di Vinicio. Quel gol decise il match e fece schizzare il Napoli in testa al campionato. Fu alla fine di quella partita che, per un incantesimo di cuore, un'ispirazione spontanea, una gioia non diversamente esprimibile e un accordo misterioso, i trentamila napoletani dell'Olimpico cominciarono a cantare Oj vita, oj vita mia. Non l'avevano programmato, non s'erano dati la voce, e non si è mai saputo chi cominciò a cantare, e fu una delle improvvise, geniali e immancabili trovate di un popolo e di una tifoseria inimitabili.
IL TABELLINO:
Campionato di Serie A 1975/76 - VIII giornata
LAZIO: Pulici F., Ammoniaci, Polentes (65' Lopez), Wilson, Ghedin, Martini, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, D'Amico, Badiani (I). (12 Moriggi, 14° Borgo). All. Maestrelli.
NAPOLI: Carmignani, Bruscolotti, La Palma, Burgnich, Landini (I), Orlandini, Massa, Esposito S., Savoldi (I) (11' Sperotto), Boccolini, Braglia G. (12 Fiore, 14° Vavassori). All. Vinicio.
Arbitro: sig. Casarin di Milano.
Marcatori: 11' Boccolini.
Note: giornata di sole, terreno in perfette condizioni. Ammoniti Ghedin e Orlandini. Antidoping: Wilson, Ghedin e Martini per la Lazio; Orlandini, Sperotto e Braglia per il Napoli. Calci d'angolo 5 a 4 per la Lazio.
Spettatori: 75 mila circa dei quali 50.033 paganti per un incasso di £ 221.725.200 (quota abbonamenti £ 69 milioni 800.000).
Vinicio saluta alcuni giocatori |
«Come fai a dimenticare quella prima volta in cui un mare di napoletani trascinati dalla squadra, forse protagonisti della prima migrazione di massa, cantarono l’antico ritornello in uno stadio lontano da Napoli per far esplodere soddisfazione, gioia e orgoglio? Ero l’allenatore di quel Napoli e il ricordo è qui, nel mio cuore oltre che nella mia mente – racconta – a 36 anni di distanza.
Quella curva solitamente abitata dai tifosi della Roma e per una volta tutta azzurra, capace di un sussulto imponente. Tornando negli spogliatoi, dopo esserci fermati a ringraziare i nostri tifosi emigranti, avevamo tutti gli occhi lucidi. E la sera, quando raccontai a mia moglie la gioia provata all’Olimpico, anche Flora per un istante cedette alla commozione. Quel coro non se l’aspettava nessuno di noi in campo, nacque certamente da un felice contagio. Mi piacerebbe a distanza di tanti anni stringere la mano a chi lo iniziò».
Aniello Califano Tra chanteuses e varietà, nasce ‘O surdato ‘nnammurato
Aniello Califano nacque a Sorrento il 19 gennaio del 1870 in una villa di proprietà dei nonni materni.
La famiglia è di quelle che contano in fatto di ricchezza, infatti sono proprietari terrieri tra Sorrento e la provincia di Salerno.
La madre, di Sorrento, è comproprietaria dell’albergo Rispoli futuro Grande Hotel Vittoria, mentre la famiglia paterna è originaria di Malta.
Nel 1887 il padre gli affitta un quartino in piazza Carità a Napoli, per permettergli di frequentare l’ultima classe del tecnico, ma qui i luoghi di piacere per un ragazzo della provincia sono troppi. Inizia così a frequentare trattorie, birrerie e caffè, incontrando in uno di questi locali il poeta Ferdinando Russo, di cui è grande estimatore. Tra poeti e musicisti si trova a suo agio. Con il sostegno
economico del padre pubblica le sue prime raccolte di poesie. Ormai vive a Napoli da sei anni con l’aiuto dei genitori che continuano a finanziarlo, anche se rassegnati: non lo vedranno mai ingegnere! Di temperamento focoso, il poeta frequenta e corteggia molte sciantose dell’epoca, attirate anche dalla disponibilità economica del giovanotto, il quale, tra un’avventura e l’altra, non disdegna di tornare nel paese nativo, dove in casa dei genitori conosce Stella Pepe, dama di compagnia della madre. Stella è una donna del popolo sposata due volte e per due volte rimasta vedova.
Dall’amicizia con Aniello nasceranno quattro fi gli, anche se i due non si sposeranno mai. Il pensiero comune è che il poeta, viveur scapestrato, amante della bella vita e delle belle donne, non volesse sposare Stella. La verità è che Stella, per il fatto di aver perso due mariti, crede nel malocchio. Intanto, a Napoli nell’ambiente dei poeti e musicisti, Califano si è fatto strada: è stimato dai suoi colleghi anche per la sua copiosa produzione di poesie e canzoni, pur cambiando spesso editore.
La verità è che Stella, per il fatto di aver perso due mariti, crede nel malocchio. Intanto, a Napoli nell’ambiente dei poeti e musicisti, Califano si è fatto strada: è stimato dai suoi colleghi anche per la sua copiosa produzione di poesie e canzoni, pur cambiando spesso editore. Siamo nel 1915: il generale Cadorna
firma il bollettino di guerra, gli spettacoli hanno perduto gran parte del pubblico giovane e gli autori si concentrano su canzoni patriottiche. Nello stesso anno Aniello sforna undici canzoni, tra cui:
‘O surdato ‘nnammurato
Staje luntana da stu core,
a te volo cu ‘o penziero:
niente voglio e niente spero
ca tenerte sempe
a fi anco a me!
Si sicura ‘e chist’ammore
comm’i só sicuro ‘e te…
Oje vita, oje vita mia…
oje cor ‘e chistu core…
si stata ‘o primmo ammore…
e ‘o primmo e ll’ùrdemo
sarraje pe’ me!
Quand ‘a notte nun te veco,
nun te sento ‘int’a sti bbracce,
nun te vaso chesta faccia,
nun t’astregno forte
‘mbraccio a me?!
Ma, scetánnome ‘a sti suonne,
mme faje chiagnere pe’ te…
RitornelloScrive sempe e sta’ cuntenta:
io nun penzo che a te sola…
Nu penziero mme cunzola,
ca tu pienze sulamente a me…
‘A cchiù bella ‘e tutte bbelle,
nun è maje cchiù bella ‘e te!
L’editore Gennarelli, letti i versi sicommuove, lui che è un uomo tosto non ha potuto nasconderele lacrime ma si rende conto che, per trasformarli in una canzone orecchiabile, bisogna affi darli ad un musicista capace: Enrico Cannio. Il successo è immediato, la canzone è cantata nelle trincee e nei cafè chantant ma, scoppiata la pace, il fascismo mette all’indice quel canto “disfattista”.
Qualche decennio dopo i tifosi del Napoli calcio la cantano allo stadio come pegno
d’amore incondizionato.
fonti:
repubblica.it
http://www.ilfiloconduttore.it/
http://ilnapolista.it/
http://www.laziowiki.org/wiki/
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