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giovedì 24 novembre 2011

'O surdato 'nnammurato,l'inno che nasce dal cuore di un poeta sorrentino

Da un poeta sorrentino di fine '800 la canzone che è diventata la hit del Napoli di Cavani e Lavezzi e che ora ha incantato anche l'Inghilterra
Aniello Califano, poeta sorrentino di fine '800, scrittore a getto continuo di canzoni di successo, non avrebbe certo immaginato che il suo 'O surdato 'nnammurato, musicato dal napoletano Enrico Cannio, avrebbe un giorno conquistato l'Inghilterra. La canzone, che da 36 anni è diventata l'inno del Napoli, cantata ancora una volta a squarciagola nello stadio San Paolo da sessantamila tifosi azzurri a conclusione del match vittorioso contro il Manchester City, sta spopolando nelle cronache britanniche della partita di martedì sera.

(...)'O surdato 'nammurato non è un coro di incitamento, non è una marcia, non ha un ritmo di guerra e di sfida. E' una canzone d'amore e una squadra come il Napoli, di una città d'amore come Napoli, non potrebbe essere accompagnata diversamente nelle sue imprese. E' un inno d'amore e di fedeltà assoluta. E' un canto appassionato che sgorga da cuori innamorati e fedeli a una maglia e a una squadra. E' un sonoro "commento" di felicità nelle giornate gioiose.

quando è diventato l'inno del tifo azzurro?
Era il 7 dicembre 1975 e allo Stadio Olimpico di Roma si giocava Lazio-Napoli. La squadra azzurra trascinava in trasferta migliaia di fedelissimi. Era il Napoli ruggente di Vinicio che, l'anno prima, aveva sfidato la Juventus per lo scudetto. A Roma quella domenica di dicembre c'erano trentamila napoletani. E il Napoli era nelle primissime posizioni della classifica.

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IL GOL DI BOCCOLINI


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Lo stadio Olimpico

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Boccolini riuscì ad avere il pallone di quella vittoria a Roma. Raccontò che, dopo la partita, aveva espresso il desiderio di averlo. I giornali riportarono il suo desiderio. Il pallone, dopo il gol, era stato calciato in tribuna da Boccolini in segno di giubilo ed era stato “catturato” da un gruppo di tifosi napoletani. Lo avevano preso, senza rimandarlo in campo, i tifosi del “Club Leo Clan” di Sant’Antimo. Il presidente Mimmo Chiariello invitò Boccolini a visitare il club e gli regalò il pallone in cambio di un “qualsiasi” pallone autografato da Boccolini.
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La partita si mise subito bene per i colori azzurri perché andò immediatamente in gol Gigi Boccolini, fedele scudiero di Vinicio. Quel gol decise il match e fece schizzare il Napoli in testa al campionato. Fu alla fine di quella partita che, per un incantesimo di cuore, un'ispirazione spontanea, una gioia non diversamente esprimibile e un accordo misterioso, i trentamila napoletani dell'Olimpico cominciarono a cantare Oj vita, oj vita mia. Non l'avevano programmato, non s'erano dati la voce, e non si è mai saputo chi cominciò a cantare, e fu una delle improvvise, geniali e immancabili trovate di un popolo e di una tifoseria inimitabili.

IL TABELLINO:
Campionato di Serie A 1975/76 - VIII giornata
LAZIO: Pulici F., Ammoniaci, Polentes (65' Lopez), Wilson, Ghedin, Martini, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, D'Amico, Badiani (I). (12 Moriggi, 14° Borgo). All. Maestrelli.
NAPOLI: Carmignani, Bruscolotti, La Palma, Burgnich, Landini (I), Orlandini, Massa, Esposito S., Savoldi (I) (11' Sperotto), Boccolini, Braglia G. (12 Fiore, 14° Vavassori). All. Vinicio.
Arbitro: sig. Casarin di Milano.
Marcatori: 11' Boccolini.
Note: giornata di sole, terreno in perfette condizioni. Ammoniti Ghedin e Orlandini. Antidoping: Wilson, Ghedin e Martini per la Lazio; Orlandini, Sperotto e Braglia per il Napoli. Calci d'angolo 5 a 4 per la Lazio.
Spettatori: 75 mila circa dei quali 50.033 paganti per un incasso di £ 221.725.200 (quota abbonamenti £ 69 milioni 800.000).

Quella fantastica iniziativa ebbe il suo suggello in un titolo a nove colonne su “Lo Sport del Mezzogiorno”, il settimanale diretto da Riccardo Cassero, che lo “sparò” in prima pagina. Cassero, compagno di lavoro indimenticabile per lealtà, serenità e capacità professionale, fece di più. Catturò al volo, nei corridoi del giornale, il geniale Max Vajro, uomo di cultura, scrittore brillante e valente pianista, e gli impose di tracciargli su un foglio di carta il pentagramma con le prime note della canzone di Califano e Cannio. Vajro lo fece velocemente consentendo a Cassero di arricchire il titolo con l’efficace disegno del pentagramma. Non abbiamo mai saputo se le note vergate da Vajro fossero esatte o il grande Max ci aveva accontentati prendendoci in giro e inventandosi di sana pianta le note.

Oje vita, oje vita mia... 7 dicembre '75
la prima volta del coro azzurro
Il racconto e le lacrime di Vinicio

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Vinicio saluta alcuni giocatori
 Ecco un testimone eccellente, non si sa ormai più se poco brasiliano e molto partenopeo, o viceversa, proprio lui: Luiz de Menezes detto Vinicius dalle sue parti, da noi più semplicemente Vinicio.
«Come fai a dimenticare quella prima volta in cui un mare di napoletani trascinati dalla squadra, forse protagonisti della prima migrazione di massa, cantarono l’antico ritornello in uno stadio lontano da Napoli per far esplodere soddisfazione, gioia e orgoglio? Ero l’allenatore di quel Napoli e il ricordo è qui, nel mio cuore oltre che nella mia mente – racconta – a 36 anni di distanza.
Quella curva solitamente abitata dai tifosi della Roma e per una volta tutta azzurra, capace di un sussulto imponente. Tornando negli spogliatoi, dopo esserci fermati a ringraziare i nostri tifosi emigranti, avevamo tutti gli occhi lucidi. E la sera, quando raccontai a mia moglie la gioia provata all’Olimpico, anche Flora per un istante cedette alla commozione. Quel coro non se l’aspettava nessuno di noi in campo, nacque certamente da un felice contagio. Mi piacerebbe a distanza di tanti anni stringere la mano a chi lo iniziò».

Aniello Califano Tra chanteuses e varietà, nasce ‘O surdato ‘nnammurato

Aniello Califano nacque a Sorrento il 19 gennaio del 1870 in una villa di proprietà dei nonni materni. 
La famiglia è di quelle che contano in fatto di ricchezza, infatti sono proprietari terrieri tra Sorrento e la provincia di Salerno.
La madre, di Sorrento, è comproprietaria dell’albergo Rispoli futuro Grande Hotel Vittoria, mentre la famiglia paterna è originaria di Malta.

Nel 1887 il padre gli affitta un quartino in piazza Carità a Napoli, per permettergli di frequentare l’ultima classe del tecnico, ma qui i luoghi di piacere per un ragazzo della provincia sono troppi. Inizia così a frequentare trattorie, birrerie e caffè, incontrando in uno di questi locali il poeta Ferdinando Russo, di cui è grande estimatore. Tra poeti e musicisti si trova a suo agio. Con il sostegno
economico del padre pubblica le sue prime raccolte di poesie. Ormai vive a Napoli da sei anni con l’aiuto dei genitori che continuano a finanziarlo, anche se rassegnati: non lo vedranno mai ingegnere! Di temperamento focoso, il poeta frequenta e corteggia molte sciantose dell’epoca, attirate anche dalla disponibilità economica del giovanotto, il quale, tra un’avventura e l’altra, non disdegna di tornare nel paese nativo, dove in casa dei genitori conosce Stella Pepe, dama di compagnia della madre. Stella è una donna del popolo sposata due volte e per due volte rimasta vedova.
Dall’amicizia con Aniello nasceranno quattro fi gli, anche se i due non si sposeranno mai. Il pensiero comune è che il poeta, viveur scapestrato, amante della bella vita e delle belle donne, non volesse sposare Stella. La verità è che Stella, per il fatto di aver perso due mariti, crede nel malocchio. Intanto, a Napoli nell’ambiente dei poeti e musicisti, Califano si è fatto strada: è stimato dai suoi colleghi anche per la sua copiosa produzione di poesie e canzoni, pur cambiando spesso editore.



‘O surdato ‘nnammurato - Aniello CalifanoLa verità è che Stella, per il fatto di aver perso due mariti, crede nel malocchio. Intanto, a Napoli nell’ambiente dei poeti e musicisti, Califano si è fatto strada: è stimato dai suoi colleghi anche per la sua copiosa produzione di poesie e canzoni, pur cambiando spesso editore. Siamo nel 1915: il generale Cadorna
firma il bollettino di guerra, gli spettacoli hanno perduto gran parte del pubblico giovane e gli autori si concentrano su canzoni patriottiche. Nello stesso anno Aniello sforna undici canzoni, tra cui:

‘O surdato ‘nnammurato
Staje luntana da stu core,
a te volo cu ‘o penziero:
niente voglio e niente spero
ca tenerte sempe
a fi anco a me!
Si sicura ‘e chist’ammore
comm’i só sicuro ‘e te…
Oje vita, oje vita mia…
oje cor ‘e chistu core…
si stata ‘o primmo ammore…
e ‘o primmo e ll’ùrdemo
sarraje pe’ me!
Quand ‘a notte nun te veco,
nun te sento ‘int’a sti bbracce,
nun te vaso chesta faccia,
nun t’astregno forte
‘mbraccio a me?!
Ma, scetánnome ‘a sti suonne,
mme faje chiagnere pe’ te…

Ritornello
Scrive sempe e sta’ cuntenta:
io nun penzo che a te sola…
Nu penziero mme cunzola,
ca tu pienze sulamente a me…
‘A cchiù bella ‘e tutte bbelle,
nun è maje cchiù bella ‘e te!


L’editore Gennarelli, letti i versi sicommuove, lui che è un uomo tosto non ha potuto nasconderele lacrime ma si rende conto che, per trasformarli in una canzone orecchiabile, bisogna affi darli ad un musicista capace: Enrico Cannio. Il successo è immediato, la canzone è cantata nelle trincee e nei cafè chantant ma, scoppiata la pace, il fascismo mette all’indice quel canto “disfattista”.
Qualche decennio dopo i tifosi del Napoli calcio la cantano allo stadio come pegno
d’amore incondizionato.


fonti:
repubblica.it
http://www.ilfiloconduttore.it/
http://ilnapolista.it/
http://www.laziowiki.org/wiki/

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