(Italo Calvino, Le città invisibili, 1972)
ITALO CALVINO Nacque a Cuba perché la sua famiglia vi si era trasferita per lavoro, ma tornarono in Italia pochi anni dopo la sua nascita, nel 1925, e precisamente a San Remo.
Il debutto fu nel 1947 con 'Il sentiero dei nidi di ragno'.
Srisse romanzi tutta la vita, spaziando un po' nei generi: dalle esperienze partigiane del primo libro, alle narrazioni fantastiche della trilogia 'I nostri antenati' (che comprende tra gli altri 'Il cavaliere inesistente' del 1959), fino a quelle di carattere astronomico, apparentemente fantascientifiche e surreali delle 'Le Cosmicomiche' del 1965 o 'Le città invisibili' del 1972. Pubblicò il suo ultimo lavoro nel 1983 'I racconti di Palomar', ma altri lavori uscirono postumi (come 'Prima che tu dica pronto' ed altri), dopo la sua scomparsa che avvenne nel 1985.
E GOOGLE LO OMAGGIA CON UN
DOODLE
Italo Calvino ricordato con un doodle che rievoca un racconto della raccolta "Le cosmicomiche", anche se forse l' "Apologo sull'onestà nel paese dei corrotti" sarebbe stato più adatto nel giorno in cui le piazze si riempiranno di "indignati".
Per quegli "indignados" pronti davvero a manifestare il proprio sdegno e la propria distanza da questo tipo di "sistema, articolato su un gran numero di centri di potere" avrebbe quindi forse fatto piacere, magari cliccando proprio sul doodle di Google (che tra l'altro sembra sia stato pensato solo per l'Italia), capire di non far parte di "una razza in via d'estizione" ma di una "pur sempre numerosa categoria di cittadini cui non si sapeva (e si sa, ndr) quale ruolo attribuire", cioè quella degli "onesti", descritta così bene da Italo Calvino (http://is.gd/6TGRc6).
Calvino infatti, oltre a descrivere un sistema che "aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati (...) e questi mezzi si potevano avere solo illecitamente cioè chiedendoli a chi li aveva, in cambio di favori illeciti" spiega anche come "il privato che si trovava a intascare la sua tangente individuale sulla tangente collettiva, era sicuro d'aver fatto agire il proprio tornaconto individuale in favore del tornaconto collettivo, cioè poteva senza ipocrisia convincersi che la sua condotta era non solo lecita ma benemerita".
Italo Calvino intuisce difatti che "tutte le forme d'illecito, da quelle più sornione a quelle più feroci si saldavano in un sistema che aveva una sua stabilità e compattezza e coerenza e nel quale moltissime persone potevano trovare il loro vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto".
Ma la "felicità" degli abitanti di quel paese era incrinata, fa notare sempre Calvino, da quella cerchia di "onesti" che lo erano "non per qualche speciale ragione" ma "per abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso". Da tutte quelle persone che sanno "che fare la morale agli altri, indignarsi, predicare la virtù sono cose che trovano troppo facilmente l'approvazione di tutti, in buona o in malafede".
Per questo il vero cambiamento in quel paese avverà solo quando il "modo" della "controsocietà degli onesti", che ancora resiste "in margine al costume corrente, senza altra pretesa che di vivere la propria diversità, di sentirsi dissimile da tutto il resto" finirà "per significare qualcosa d'essenziale per tutti, per essere immagine di qualcosa che le parole non sanno più dire, di qualcosa che non è stato ancora detto e ancora non sappiamo cos'è".
Maurizio Maria Corona
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