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venerdì 23 settembre 2011

RICORDIAMO GIANCARLO...MORTO PER LA NOSTRA LIBERTA'

Giancarlo Siani
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Giancarlo Siani (Napoli19 settembre 1959 – Napoli23 settembre 1985) è stato un giornalista italiano, assassinato dalla camorra.



Nato in una famiglia della borghesia napoletana del quartiere del Vomero, frequentò ilLiceo Vico partecipando ai movimenti studenteschi del 1977.
Iscrittosi all'università, iniziò a collaborare con alcuni periodici napoletani mostrando particolare interesse per le problematiche dell'emarginazione: proprio all'interno delle fasce sociali più disagiate si annidava, infatti, il principale serbatoio di manovalanza della criminalità organizzata.
Scrisse i suoi primi articoli per il mensile "Il Lavoro nel Sud", testata dell'organizzazione sindacale CISL e poi iniziò la sua collaborazione come corrispondente da Torre Annunziata per il quotidiano Il Mattino di Napoli. Da Torre Annunziata, si occupò principalmente di cronaca nera e quindi di camorra, appassionandosi ai rapporti ed alle gerarchie delle famiglie camorristiche che controllavano Torre Annunziata e dintorni. Fu in questo periodo che iniziò anche a collaborare con l' "Osservatorio sulla camorra", periodico diretto dal sociologo Amato Lamberti. Al Mattino faceva riferimento alla redazione distaccata di Castellammare di Stabia. Pur lavorando come corrispondente, il giornalista frequentava stabilmente la redazione del comune stabiese: il suo sogno era strappare il contratto da praticante giornalista professionista per poi poter sostenere l'esame e diventare giornalista professionista.
Lavorando per Il Mattino Siani riuscì ad andare sempre più in profondità nella conoscenza della camorra, dei boss locali e degli intrecci tra politica e camorra, scoprendo una serie di connivenze che si erano stabilmente create all'indomani del terremoto tra esponenti politici oplontini e il boss locale, Valentino Gionta, che, da pescivendolo ambulante, aveva costruito un business partendo dalcontrabbando di sigarette, per poi spostarsi al traffico di stupefacenti, controllano l'intero mercato di droga nell'area torrese-stabiese.

[modifica]L'impegno giornalistico

Le vigorose denunce del giovane giornalista lo condussero ad essere regolarizzato nella posizione di corrispondente (articolo 12 del contratto di lavoro giornalistico) dal quotidiano nell'arco di un anno. Le sue inchieste scavavano sempre più in profondità, tanto da arrivare a scoprire la moneta con cui i boss mafiosi facevano affari. Siani con un suo articolo accusò il clan Nuvoletta, alleato deiCorleonesi di Totò Riina, e il clan Bardellino, esponenti della "Nuova Famiglia", di voler spodestare e vendere alla polizia il boss Valentino Gionta, divenuto pericoloso, scomodo e prepotente, per porre fine alla guerra tra famiglie. Ma le rivelazioni, ottenute da Giancarlo grazie ad un suo amico carabiniere e pubblicate il 10 giugno 1985, indussero la camorra a sbarazzarsi di questo scomodo giornalista.
In quell'articolo Siani ebbe modo di scrivere che l'arresto del boss Valentino Gionta fu reso possibile da una "soffiata" che esponenti delclan Nuvoletta fecero ai carabinieri. Il boss oplontino fu infatti arrestato poco dopo aver lasciato la tenuta del boss Lorenzo Nuvoletta aMarano, comune a Nord di Napoli. Secondo quanto successivamente rivelato dai collaboratori di giustizia, l'arresto di Gionta fu il prezzo che i Nuvoletta pagarono al boss Antonio Bardellino per ottenerne un patto di non belligeranza. La pubblicazione dell'articolo suscitò le ire dei fratelli Nuvoletta che, agli occhi degli altri boss partenopei, facevano la figura degli "infami", ossia di coloro che, contrariamente al codice degli uomini d'onore della mafia, intrattenevano rapporti con le forze di polizia.
Da quel momento i capo-clan Lorenzo ed Angelo Nuvoletta tennero numerosi summit per decidere in che modo eliminare Siani, nonostante la reticenza di Valentino Gionta, incarcerato. A ferragosto del 1985 la camorra decise la sentenza di Siani, che doveva essere ucciso lontano da Torre Annunziata per depistare le indagini. Giancarlo lavorava sempre alacremente alle sue inchieste e stava per pubblicare un libro sui rapporti tra politica e camorra negli appalti per la ricostruzione post-terremoto.
Il giorno della sua morte telefonò al suo ex-direttore dell'Osservatorio sulla Camorra, Amato Lamberti, chiedendogli un incontro per parlargli di cose che "è meglio dire a voce". Non si è però mai saputo di cosa si trattasse e se Giancarlo avesse iniziato a temere per la sua incolumità. Lo stesso Lamberti, nelle diverse escussioni testimoniali cui è stato sottoposto, ha fornito versioni diverse della vicenda che non hanno mai chiarito quell'episodio.


L'assassinio

Il 23 settembre 1985, quattro giorni dopo aver compiuto 26 anni, appena giunto sotto casa sua con la propria Mehari, Giancarlo Siani venne ucciso: l'agguato avvenne alle 20.50 circa in via Vincenzo Romaniello, nel quartiere napoletano del Vomero. Siani, trasferito dalla redazione di Castellammare di Stabia a quella centrale de Il Mattino, all'epoca diretto da Pasquale Nonno, proveniva dal quotidiano di via Chiatamone. Per chiarire i motivi che hanno determinato la morte e identificare mandanti ed esecutori materiali furono necessari 12 anni e 3 pentiti.


Processi

Il 15 aprile del 1997 la seconda sessione della corte d'assise di Napoli ha condannato all'ergastolo i mandanti dell'omicidio (i fratelli Lorenzo, poi morto, e Angelo Nuvoletta, e Luigi Baccante detto Maurizio) e i suoi esecutori materiali (Ciro Cappuccio e Armando Del Core). In quella stessa condanna appare, come mandante, anche il boss Valentino Gionta. La sentenza è stata confermata dalla Corte di Cassazione, che però per mentre per Valentino Gionta dispose il rinvio ad altra Corte di Assise di Appello: si è svolto un secondo processo di appello che il 29 settembre del 2003 l'ha di nuovo condannato all'ergastolo, mentre il giudizio definitivo della Cassazione lo ha definitivamente scagionato per non aver commesso il fatto. Il fratello di Siani, Paolo, unico rimasto in vita della famiglia Siani, ricorda il fratello come un ragazzo carismatico, capace di grandi sacrifici, ma anche come una persona solare, pronta a dare sostegno; ed in un'intervista egli afferma:
« Di noi due, insieme, conservo l’immagine di una giornata a Roma, a una marcia per la pace. Io col gesso che gli dipingo in faccia il simbolo anarchico della libertà. E lui che mi sorride. »



Nel 2009 esce il il film "Fortapàsc", di Marco Risi (sceneggiatura di Marco Risi, Andrea Purgatori, Jim Carrington e Maurizio Cerino), dedicato all'ultimo anno di vita del giornalista, interpretato da Libero De Rienzo, che nel film guida la vera Citroen Mehari verde appartenuta a Siani. Il 19 settembre 2009, nel giorno del 50º anniversario dalla nascita di Siani, Fortapàsc, all'Invisible Film Festival diCava de' Tirreni vince i premi «Miglior Film», miglior regia, miglior attore protagonista, migliori attori non protagonisti 
e migliore sceneggiatura.


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