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lunedì 25 luglio 2011

l’Anime Pezzentelle, IL CAPITANO,donna concetta, 0'monacone, STORIE E LEGGENDE DEL CIMITERO DELLE FONTANELLE


Cimitero delle Fontanelle




Il Cimitero delle Fontanelle è un antico cimitero della città di Napoli.



Per informazioni o
Osservatorio Turistico 081/2471123 oppure direttamente al sito allo 081/5490368

L'antico ossario si sviluppa per circa 3.000 m2, e la cavità è stimata attorno ai 30.000 m3.
Si trova nel cuore del Rione Sanità, uno dei quartieri di Napoli più ricchi di storia e tradizioni, appena fuori dalla città greco – romana, nella zona scelta per la necropoli pagana e più tardi per i cimiteri cristiani. Il sito conserva da almeno quattro secoli i resti di chi non poteva permettersi una degna sepoltura e, soprattutto, delle vittime delle grandi epidemie che hanno più volte colpito la città.
La casetta della signora Agata

Il culto delle anime



Ma il punto di partenza era comunque la preghiera per tali anime. Le ossa anonime, accatastate nelle caverne lontano dal suolo consacrato, sono diventate ben presto per la gente della città le anime abbandonate - le cosiddette ”anime pezzentelle” - un ponte tra l'aldilà e la terra, un mezzo di comunicazione tra i mondi dei morti e i mondi dei vivi, segno di speranza nella possibilità di un aiuto reciproco tra poveri che scavalca la soglia della morte: poveri sono infatti i morti, per il semplice fatto di essere morti e dimenticati, e poveri i vivi che vanno a chiedergli soccorso e fortuna
Al teschio, spesso, era associato un nome, una storia, un ruolo. Ancora negli anni settanta c'era l'abitudine di sostare di notte ai cancelli del Cimitero per aspettare le ombre mandate dal teschio di don Francesco, un cabalista spagnolo, a rivelare i numeri da giocare al lotto. Spesso il napoletano, più che altro donne, si recava sul posto, adottava un teschio particolare che l'anima le aveva indicato nel sogno. Da questo punto in poi il cranio diventava parte della famiglia del devoto.
Al camposanto delle Fontanelle, il comportamento rituale si esprimeva in un preciso cerimoniale: il cranio veniva pulito e lucidato, e poggiato su dei fazzoletti ricamati lo si adornava con lumini e dei fiori. Il fazzoletto era il primo passo nell'adozione di una particolare anima da parte di un devoto e rappresentava il principio affinché la collettività adottasse il teschio.
Al fazzoletto si aggiungeva il rosario, messo al "collo" del teschio per formare un cerchio; in seguito il fazzoletto veniva sostituito da un cuscino, spesso ornato di ricami e merletti. A ciò seguiva l'apparizione in sogno dell'anima prescelta, la quale richiedeva preghiere e suffragi.
I fedeli sceglievano chi pregare e a chi offrire i lumini nelle loro visite costanti e regolari. Solo allora il morto appariva in sogno e si faceva "riconoscere".
In sogno comunque la richiesta delle anime è sempre la stessa: tutte hanno bisogno di refrisco.
La frase ricorrente nelle preghiere rivolte alle anime purganti era infatti la seguente: «A refrische 'e ll'anime d'o priatorio». Si pregava l'anima per alleviare le sue sofferenze in purgatorio, creando un vero e proprio rapporto di reciprocità, in cambio di una grazia o dei numeri da giocare al lotto. Se le grazie venivano concesse il teschio veniva onorato con un tipo di sepoltura più degno: una scatola, una cassetta, una specie di tabernacolo, secondo le possibilità dell'adottante. Ma se il sabato i numeri non uscivano o se le richieste non erano esaudite, il teschio veniva abbandonato a se stesso e sostituito con un altro: la scelta possibile era vasta.
I teschi, inoltre, non venivano mai ricoperti con delle lapidi, perché fossero liberi di comparire in sogno, di notte. Secondo la tradizione popolare infatti l'anima del Purgatorio rivelava in sogno la sua identità e la sua vita. Il devoto ritornava allora sul luogo di culto, raccontava il sogno, e se l'anima del teschio era particolarmente benevola, si concedeva a tutti di pregare lo stesso teschio determinando così una sorte di santificazione popolare.
Utili erano tutti i tipi di segni che potevano venire alle anime. Così un teschio che non sudava, cioè che non accumulava condensa da umidità, era segno di una sofferenza dell'anima abbandonata e cattivo presagio. In questo caso si chiedeva soccorso a Gesù e, soprattutto, alla Madonna.
L'unico mezzo di comunicazione tra i vivi e i morti era il sogno; dai sogni spesso nascono così varie personificazioni delle anime "pezzentelle", ed ecco moltiplicarsi le diverse figure di giovinette morte subito prima del matrimonio, di uomini morti in guerra o comunque in circostanze drammatiche e singolari.
Il culto fu particolarmente vivo negli anni del secondo conflitto mondiale e del primo dopoguerra: la guerra aveva diviso famiglie, allontanato parenti, provocato morti, disgrazie, distruzioni, miseria. Non potendo aspettarsi aiuto dai vivi, il popolo lo chiedeva ai morti, e l'evocazione delle anime purganti diventa insieme la concreta rappresentazione della memoria e la speranza di sottrarsi miracolosamente all'infelicità e alla miseria.

Il culto delle anime del Purgatorio · l’Anime PezzentelleNel documento del canonico e archeologo Andrea De Jorio, vi è gia preciso riferimento alla trasformazione della cava a luogo di culto, (“….fu costruito un muro ed un altare…”) avvenuto verso la fine del 1700. Dalla metà del1800 circa, un gruppo di popolane del rione Sanità, denominate “e’ maste”, riordinò tutti i resti mortali ammassati disordinatamente all’interno della cavità nel corso delle varie epoche. Tutte le ossa furono disposte in una sorta di “pietas popolare” a ridosso delle pareti tufacee seguendo schemi e raggruppamenti ben precisi. Questa sistemazione è ricordata con una lapide all’esterno della chiesa di Maria S.S. del Carmine realizzata alla fine dell’800 e tende a ricordare tutti coloro che morirono in occasione delle pestilenza, in povertà o nelle carceri e classificati pertanto come resti mortali anonimi

Anime sante, anime purganti,
Io son sola e vuie siete tante
Andate avanti al mio Signore
e raccontateci tutti i miei dolori
Prima che s’oscura questa santa giornata
da Dio voglio essere consolata.
Pietoso mio Dio col sangue Tuo redento
a tutte le anime del Purgatorio salutammelle a tutti i momenti,
Eterno Riposo


Le leggende
In un ambiente cosi suggestivo e magico non potevano non nascere le varie personificazioni delle “anime pezzentelle”. Ecco dunque nascere la figura di Lucia, una giovinetta morta subito prima del matrimonio o, le presenze di uomini morti in guerra, principesse cavalieri. Talvolta poi, i teschi hanno una storia e un nome trasmessi attraverso racconti tramandatisi nel tempo; è il caso del “monaco” (o’ capa e Pascale) in grado di far conoscere i numeri vincenti al gioco del lotto, quella del “capitano”, figura di riferimento emblematica del cimitero delle fontanelle o quella di “donna Concetta” nota più propriamente come “a’ capa che suda”. Altro aspetto significativo è legato alle leggende sulle storie dei bambini in particolare quella di “Pasqualino”.
“Io ero ciò che tu sei; tu sarai ciò che io sono”
La Morte
 
Suggestiva è la pratica delle adozioni di alcuni teschi che, di solito, venivano messi in teche e venerati o per grazia ricevuta o per voto o per fede. Nacquero così numerose storielle, tra cui quelle già ricordate dei due teschi che sudano e quella del Capitano.

La leggenda del teschio del "Capitano"

La prima versione ci racconta che una giovane promessa sposa era molto devota al teschio del capitano, e che si recava spesso a pregarlo ed a chiedergli grazie. Una volta il fidanzato di lei, scettico e forse un po' geloso delle attenzioni che la sua futura moglie dedicava a quel teschio, volle accompagnarla; portandosi dietro un bastone di bambù, l'uomo usò il bastone per conficcarlo nell'occhio del teschio, mentre, deridendolo, lo invitava a partecipare al loro prossimo matrimonio.
Il giorno delle nozze apparve tra gli ospiti un uomo vestito da carabiniere. Incuriosito di tale presenza lo sposo chiese chi fosse, e questi gli rispose che proprio lui lo aveva invitato, accecandogli un occhio; detto ciò si spogliò mostrandosi per quel che era... uno scheletro! I due sposi e chissà quanti altri invitati morirono sul colpo.
L'altra versione raccolta da Roberto De Simone [2], mette in scena una leggenda nera popolare: un giovane camorrista, donnaiolo e spergiuro, aveva osato profanare il Cimitero delle Fontanelle, ivi facendo l'amore con una ragazza. Ad un tratto sentì la voce del capitano che lo rimproverava ed egli, ridendosene, rispose di non aver paura di un morto. Alle nuove imprecazioni del capitano, il temerario giovane lo aveva sfidato a presentarsi di persona, giurando ironicamente di aspettarlo il giorno del suo matrimonio (e intanto giurando in cuor suo di non sposarsi mai). Però il giovane, dimentico del giuramento, dopo qualche tempo si sposò. Al banchetto di nozze si presentò tra gli invitati un personaggio vestito di nero che nessuno conosceva e che spiccava per la sua figura severa e taciturna. Alla fine del pranzo, invitato a dichiarare la sua identità, rispose di avere un dono per gli sposi, ma di volerlo mostrare solo a loro.
Gli sposi lo ricevettero nella camera attigua, ma quando il giovane riconobbe il capitano fu solo questione di un attimo. Il capitano tese loro le mani e dal suo contatto infuocato gli sposi caddero morti all'istante.
La particolarità di tale teschio, posto all'interno di una teca, è la sua lucidatura: mentre gli altri crani sono ricoperti di polvere quest'ultimo è infatti sempre ben lucidato, forse perché raccoglie meglio l'umidità del luogo sotterraneo, che è stata sempre interpretata come sudore: "Se domandate ai devoti vi diranno che quell'umidità è sudore delle anime del Purgatorio".
Gli umori che si depositano su questi resti sono ritenuti dai fedeli acqua purificatrice, emanazione dell'aldilà in quanto rappresentazione delle fatiche e delle sofferenze cui sono sottoposte le anime.
Il Monacone
Proseguendo, in fondo, illuminato da un impossibile raggio di luce, si innalza l'inquietante figura del Monacone: l'impressionante statua di San Vincenzo Ferrerdecapitata, sulla quale una mano ignota ha posto un teschio in luogo della testa.
Alle sue spalle si trovano due bare con gli unici scheletri ben visibili dentro il "cimitero", entrambi vestiti e posti che appartengono ad una coppia di nobili: Filippo Carafa, conte di Cerreto, di Maddaloni, morto ad ottantaquattro anni, la seconda, la moglie, donna Margherita, morta a cinquantaquattro anni. Quest'ultima, si racconta, ritrovata con la bocca spalancata, sarebbe morta soffocata da uno gnocco. Si vuole che qui ci siano anche i resti del poeta Giacomo Leopardi. In realtà il poeta fu inumato nell'atrio della chiesa di San Vitale (Napoli) e poi, nel 1939, la tomba fu spostata al Parco Virgiliano a Posillipo (Napoli). Nel fondo si trova l'antro forse più noto, definito il "Tribunale" per la presenza di tre croci con una base di teschi. Qui, secondo quanto si racconta da almeno un secolo, si riunivano i vertici della camorra antica per i famosi giuramenti di sangue e gli altri riti di affiliazione e, anche, per emettere le condanne a morte.

FONTE WIKIPEDIA, GRANDENAPOLI.IT, E UN PO QUA E UN PO LA

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