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lunedì 21 febbraio 2011

STORIA E CONTROSTORIA DEL RISORGIMENTO: IL SERGENTE ROMANO


Nacque da Giuseppe e Angela Concetta Lorusso, semplici pastori.
Nel 1851, a soli 17 anni, si arruolò nell'Esercito Borbonico dove raggiunse il grado di sergente avendo l'onore di diventare "Alfiere" della Prima Compagnia del 5° di Linea. Conquistato il Regno delle Due Sicilie divenne il comandante del Comitato Clandestino Borbonico di Gioia del Colle.
Ben presto lasciò il comitato volendo passare subito all'azione. Divenne, così, brigante formando in poco tempo una squadra composta dalla maggior parte di ex-militari dell'Esercito Borbonico. Rifornendosi di armi e munizioni il 26 luglio 1861 attacò la guarnigione di Alberobello facendola prigioniera insieme ai militari del presidio di Cellino. A Cellino si decise di fucilare i prigionieri: il milite Vitantonio Donadeo inginocchiandosi durante la fucilazione gridò "Madonna del Carmine, aiutami!". Il fucile, puntato sulla nuca, fece cilecca e il sergente Romano risparmiò Donadeo ed altri 8 prigionieri.[1] Due giorni dopo, il 28 luglio, attacò Gioia del Colle vincendo. Era conosciuto, ai tempi del brigantaggio, non come il sergente Romano, ma come Enrico La Morte.
Morì nelle campagne tra Gioia del Colle e Santeramo in Colle a seguito di un sanguinoiso scontro a fuoco con la Guardia Nazionale e i Cavalleggeri di Saluzzo il 5 Gennaio 1863. Circondato da forze sovrastanti, circa 200 persone, non esitò ad accettar battaglia e combattere con i sui 20 "briganti" per difendere la causa del meridione d'Italia. Prima di morire chiese di essere ucciso come un soldato ma fu invece ammazzato a sciabolate.[3] Dopo la sua morte certa storiografia risorgimentale bollò subito il sergente come un semplice "brigante", quindi anche come un "criminale". Attualmente, invece, la sua figura è rivalutata da molti ambienti neo-borbonici che lo definiscono "patriota" del Sud. Certamente, al di là di questi giudizi parziali, alcune testimonianze aiutano a descrivere la sua complessa figura. Il de Poli, per esempio, ci riferisce l'attaccamento del popolo verso il sergente (considerato dalla gente del luogo come un eroe):
« Tutti gli abitanti del paese vollero contemplare un'ultima volta questi resti irriconoscibili dell'eroico brigante; si veniva là come ad un pellegrinaggio santificato dal martirio; gli uomini si scoprivano il capo, le donne si inginocchiavano, quasi tutti piangevano. Mai un'accusa si levava contro la memoria del morto, mai un grido di riprovazione fu inteso; egli portava nella tomba il rimpianto e l'ammirazione dei suoi compatrioti[ »


Curiosità


  • Trovato morto, la gente di Gioia del Colle non voleva credere alla sua uccisione. Una leggenda popolare, infatti, raccontava che il corpo non fosse il suo, essendo il sergente Romano per il popolo immortale grazie ad una medaglietta che aveva ricavuto in dono da Pio IX.[6]
  • Anche suo fratello, Vito Romano, fu brigante, arruolatosi nella banda del sergente Romano a soli 17 anni.
  • Il 24 aprile 2010 gli è stata dedicata una strada a Gioia del Colle.
  • Ogni anno nel giorno della sua morte si celebra presso il luogo dello scontro un evento che per alcuni potrà apparire folcloristico ma che per molti meridionalisti è occasione per ricordare quanto avvenne a seguito dell'unità d'Italia.[7]
wikipedia.it

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