Tra Sorrento e Punta della Campanella, la sera di Sant'Antonino (14 Febbraio), è possibile ascoltare un leggero rintocco di campane, proveniente dal fondo del mare e legato ad una popolare leggenda.
La notte del 13 Giugno 1558, 100 tartane saracene al comando di Pyaly Mustafà, inviate dal re di Francia ad invadere il golfo di Napoli, misero a ferro e fiamme Massa Lubrense e Sorrento. Proprio il giorno prima, 12 Giugno, la nobiltà sorrentina aveva ottenuto il ritiro di 200 soldati spagnoli, il cui mantenimento era stato reputato eccessivamente dispendioso, inviati a difesa dal funzionario del viceré di Napoli, Don Giovanni Manriquez De Lara.
Mentre Massa si era dimostrata facile preda, perché priva di fortificazioni, Sorrento era protetta da una cinta di mura e i pirati si sarebbero ritirati se non fossero stati favoriti dal destino. Gli Aragona avevano affidato la difesa della città all'antica e nobile famiglia Correale, che aveva l'incarico di custodirne, coi suoi armati, le quattro porte. Per disgrazia, una di queste quattro porte era stata affidata ad un servo infedele, di nome Ferdinando. Onofrio Correale, cognato di Bernardo Tasso padre di Cornelia, convolata a nozze pochi giorni prima con Marzio Sersale, che custodiva le chiavi della città, affidò a un domestico turco (accolto per carità, come nella tradizione, nella famiglia Correale) la chiave della porta marina per permettere, all’alba, l’imbarco dei numerosi invitati. Il servo, invece, aprì la porta ai pirati e fece loro da guida: i cittadini furono massacrati, 2000 di essi vennero presi prigionieri, le chiese e le case depredate e date alle fiamme.
I pirati pensarono di portare ad Algeri anche le campane delle chiese: caricarono sulla tartana ammiraglia la campana della chiesa di Sant'Antonino, dal suono melodioso e dall’aspetto bellissimo e salparono.
Quando l'ammiraglia giunse all'altezza di Capo di Minerva (già detto “di Atena” e oggi "Punta della Campanella"), si fermò improvvisamente, come se si fosse arenata su un banco di sabbia. Inutili furono tutti gli sforzi dei Saraceni: la barca rifiutava di doppiare il capo. Per alleggerirla, fu gettato in mare parte del bottino, ma senza successo.
Finalmente, Pyaly Mustafà diede ordine che venisse buttata giù la campana e solo in tal modo la tartana riuscì a raggiungere il resto della flotta.
Da quel giorno, tutti gli anni, per la festa di Sant'Antonino, la gente si reca in pellegrinaggio a Sorrento per udire la campana benedetta che squilla a festa sotto le onde. Per un particolare fenomeno acustico e in circostanze di vento favorevoli, è possibile udire i rintocchi di campane di chiese delle zone circostanti, in modo talmente chiaro che sembra provengano proprio dal fondo del mare, come narra la leggenda.
PENISOLA.IT
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