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giovedì 16 settembre 2010

Ferrara in «biga» E così la vita non ha più salite



Per vedere un ferrarese pedalare in salita bisogna mettersi all’angolo tra via Spronello e via Baluardi dove, incisa su una pietra di marmo pentagonale, campeggia nei secoli un numero che dice tutto: 11 metri e 80 centimetri sul livello del mare. È il punto più alto del centro storico. E c’è chi giura di aver visto più di una signora scendere dalla bicicletta, intimorita da quel gran premio della montagna. «Viva la biga» hanno scritto in gesso su un vecchio muro vicino a corso di Porta Reno. E non è il refuso di un goliardico sporcaccione. In dialetto ferrarese la biga è la bicicletta. Che qui è molto più di un mezzo di trasporto: uno stile di vita, un moto dell’anima, un modo di esserci. Lo scrittore Flavio Bertelli, nel suo «Mi, la guera e la bicicleta», raccontò con fare serioso dell’ambiguo rapporto tra i maschi ferraresi e la biga: «Fra mostrarla, sfregarla, lucidarla, trovarne dei nomignoli e farle dei complimenti, è un’impresa che dà a tutti una specie di malattia. E le donne si ingelosiscono... Sentono questi deficienti che chiamano la bicicletta con nomignoli tutti fiorati: la spicciola, la biga, la generosa, la cicla...».


Una famiglia senza bicicletta qui rischia di finire sul giornale: fa notizia. Ogni ferrarese, stando ai dati comunali, possiede 2,8 bighe. Roba da far invidia agli abitanti di Copenhagen, che quanto a due ruote vincono il Pallone d’oro. «Io ne ho una per andare in centro, una per girare le mura e l’altra da corsa», dice Gian Pietro Testa, scrittore ed ex inviato di Giorno e Paese Sera, che racconta con divertita perfidia la scenetta «dell’azdora, piccola e pasciutella, che quando deve fermarsi non usa i freni e nemmeno i piedi: fa un balzello in avanti con il sedere e puntualmente infila le gambe del povero pedone». L’hanno messo perfino nei cartelli segnaletici: «Ferrara città delle biciclette». L’anno scorso hanno disseminato il centro di convegni, eventi, mostre. Hanno un centinaio di chilometri di piste ciclabili. E nel 2010 passerà il Giro d’Italia. Anni addietro, ci fu un’intera giunta, sindaco più assessori, che, vuoi per piaggeria elettorale o per genuina convinzione, sostituì le auto blu con le biciclette blu. I ferraresi apprezzarono il gesto, anche troppo. Tempo qualche mese e delle nove Viner blu non rimase che il ricordo: tutte rubate.


L’ex sindaco di Ferrara, Gaetano Sateriale
«Viva la biga», e attenti ai refusi. Come dice Testa, «la bici viene vissuta come uno strumento di licenza con il quale si può fare tutto». «Per il ferrarese — ha scritto l’ex sindaco Gaetano Sateriale - è un’estensione del proprio corpo con cui disinvoltamente sale sui marciapiedi, percorre con naturalezza le strade contromano ed entrerebbe, se riuscisse, anche nei negozi a fare la spesa». Guai non guardarsi le spalle quando giri per il centro. «La prima volta che i ferraresi videro i velocipedi — scrive Giorgio Mantovani — fu nel giugno 1870 quando sul pubblico passeggio del Montagnone dodici modenesi, vestiti come fantini, si sfidarono su bicicli di legno con le ruote cerchiate di ferro». La caccia al pedone iniziò praticamente allora con furiose reprimende da parte delle locali autorità contro «i signori velocipedisti». E i primi caduti: come il conte Orazio Avogli, che «non avendo udito il segnale del campanello, fu travolto».

corriere.it

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