La notte del 13 Giugno 1558, 100 tartane saracene al comando di Pyaly Mustafà, inviate dal re di Francia ad invadere il golfo di Napoli, misero a ferro e fiamme Massa Lubrense e Sorrento. Proprio il giorno prima, 12 Giugno, la nobiltà sorrentina aveva ottenuto il ritiro di 200 soldati spagnoli, il cui mantenimento era stato reputato eccessivamente dispendioso, inviati a difesa dal funzionario del viceré di Napoli, Don Giovanni Manriquez De Lara.
I pirati pensarono di portare ad Algeri anche le campane delle chiese: caricarono sulla tartana ammiraglia la campana della chiesa di Sant'Antonino, dal suono melodioso e dall’aspetto bellissimo e salparono.
Quando l'ammiraglia giunse all'altezza di Capo di Minerva (già detto “di Atena” e oggi "Punta della Campanella"), si fermò improvvisamente, come se si fosse arenata su un banco di sabbia. Inutili furono tutti gli sforzi dei Saraceni: la barca rifiutava di doppiare il capo. Per alleggerirla, fu gettato in mare parte del bottino, ma senza successo.
Finalmente, Pyaly Mustafà diede ordine che venisse buttata giù la campana e solo in tal modo la tartana riuscì a raggiungere il resto della flotta.
Da quel giorno, tutti gli anni, per la festa di Sant'Antonino, la gente si reca in pellegrinaggio a Sorrento per udire la campana benedetta che squilla a festa sotto le onde. Per un particolare fenomeno acustico e in circostanze di vento favorevoli, è possibile udire i rintocchi di campane di chiese delle zone circostanti, in modo talmente chiaro che sembra provengano proprio dal fondo del mare, come narra la leggenda.
FONTE PENISOLA.IT
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