Ticozzelli, sin da ragazzino, gioca a football. Ha la fortuna di vivere
in una zona in cui il calcio attecchisce subito: Torino (dove nel 1898
si disputa il primo campionato italiano della storia) è la sua
roccaforte ma tutta la provincia piemontese, in quel periodo, è un
fiorire di squadre e squadrette, con i primi spaesati spettatori a
seguire ventidue scalmanati che corrono dietro ad un pallone di cuoio.
Vercelli e Casale sono le principali entità calcistiche cui il giovane
Ticozzelli si avvicina, dapprima con pudore, poi con sempre maggiore
convinzione anche se il primo cartellino ufficiale da giocatore lo firma
con la Sartiranese.
La forza di cui è dotato, in un periodo in cui tecnica e tattica sono
ancora primitive, lo aiutano ma si distingue anche per le sue doti
caratteriali e per la sua sportività: in tutta la sua ventennale
carriera egli infatti non verrà mai espulso! Si segnala anche per la
potenza del suo tiro ed alcune cronache riportano di un suo gol segnato
direttamente dal calcio di rinvio. Dopo la parentesi della Grande Guerra
(in cui è Tenente di Artiglieria e si guadagna una medaglia di bronzo),
fino al 1921 gioca con l’Alessandria (totalizza 70 presenze e 5 gol) di
cui diventa anche dirigente e nel 1920 ha il grande onore, a conferma
del suo ottimo livello agonistico, di indossare la divisa azzurra della
Nazionale nella partita contro la Francia, sconfitta per 9-4 sul prato
del Velodromo Sempione (un segno del destino?).
Poi passa alla Spal (62 presenze e 6 reti) con cui disputa una
semifinale di Campionato nel 1922 (sconfitta per 2-1 dalla
Sampierdarenese). Quindi nel 1924 si trasferisce al Casale (76 presenze e
4 gol), in quel tempo una delle squadre più forti d’Italia, anche per
rimanere vicino a casa ed al padre malato.
Ma nel 1926 scatta qualcosa. Forse l’amicizia con Girardengo (che pare
faticasse a tenere la ruota del possente Tico in pianura), forse il
desiderio di cimentarsi in qualcosa di diverso, forse il richiamo
irresistibile del suo primo amore sportivo, la bicicletta. Fatto sta che
Giuseppe Ticozzelli si iscrive al Giro d’Italia e, col numero 152 sulla
schiena, è tra i 204 partenti di quell’edizione.
Non è un ciclista come gli altri, anzi: anche se ha compiuto i 32 anni, è
ancora attivo calcisticamente parlando ed in forma fisica ottimale.
Come se oggi, per rimanere in tema di difensori, Nesta o Chiellini
all’improvviso prendessero il via alla “corsa rosa”!
Ticozzelli dunque gareggia, anche se in un modo abbastanza particolare.
C’è chi dice, esagerando nella caratterizzazione del personaggio, che
arrivi alla partenza in taxi ma altri sostengono che ciò non rappresenta
la realtà.
Certamente indossa la maglia nerostellata del Casale e qualcuno sostiene
che da qui sia poi nata l’idea della maglia nera a premiare l’ultimo in
classifica (teoria però alquanto azzardata e poco verosimile).
Sicuramente Tico (che le cronache ciclistiche del tempo citano come il
noto foootballer) non passa inosservato, un po’ per il suo fisico
imponente, un po’ per la sua originale casacca ma anche per il passato
calcistico e per alcune perentorie azioni che lo pongono spesso in prima
fila nelle fasi iniziali di corsa. Proprio in seguito ad una di queste
fughe, si sviluppa un gustoso aneddoto: Ticozzelli esaurisce la
provvidenziale scorta alimentare (sandwich e gazzosa) che porta sempre
con sé durante ogni cavalcata in bicicletta. Stanco e senza rifornimenti
(gareggia infatti tra i “diseredati” come allora si chiamavano gli
“isolati”), Tico si ferma a mangiare in un’osteria, sedendosi
comodamente al tavolo.
Quando sopraggiunge il gruppo, riparte satollo e prosegue la sua
avventura. Nasce qui la leggenda del girino-gourmet che, come un
qualsiasi turista, si gode il paesaggio e l’avventura senza pensare al
risultato. Probabilmente un’altra forzatura, sia pure dovuta ad un
comportamento anomalo, perché Ticozzelli, sui campi di calcio come in
quel Giro del 1926, ha interpretato qualsiasi disciplina sportiva sempre
con massimo impegno e dedizione. Prova ne siano i suoi risultati: nella
prima tappa, Milano-Torino, giunge 94°, lasciando dietro di sé una
ventina di concorrenti tra cui personaggi di discreto livello come
Manicardi, Antonio Pancera, Di Gaetano e Benaglia, girini a tutti gli
effetti in diverse edizioni.
Va ancora meglio nella Torino-Genova dove chiude 68°, lasciandone alle
sue spalle ben venticinque. Chiude invece 60° nella Genova-Firenze ed
intorno alla sessantesima posizione si trova anche nella “generale”
quando nella frazione seguente, che porta a Roma, è costretto al ritiro
perché investito da una moto del seguito. Ma, a prescindere dalle
indubbie qualità atletiche, un conto era giocare terzino in Nazionale,
un altro evidentemente disputare il Giro d’Italia.
Dunque un girino indubbiamente atipico e singolare. Ma anche e
soprattutto uno sportivo a tutto tondo ed un uomo che merita massimo
rispetto e considerazione.
Ticozzelli soldato
Nel 1935, a 40 anni suonati e con alle spalle già anche alcune
esperienze come allenatore calcistico, parte volontario per la guerra in
Africa Orientale. Ferito gravemente in uno scontro a fuoco,
sfortunatamente rimane cieco. Ma, da vero uomo di sport, non si arrende e
continua a seguire le partite di calcio dove si reca in compagnia di un
amico che gli descrive le fasi di gioco. Muore improvvisamente a Milano
il 3 febbraio 1962, lasciando profondo cordoglio in tutti coloro,
sportivi e non, che ne hanno ammirato lo spirito ed il carattere. Per
noi, e per la storia del Giro d’Italia, rimarrà anche l’unico
girino-calciatore di tutti i tempi.
ARTICOLO BY http://www.bicidepoca.com/ |
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