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lunedì 20 dicembre 2010

Dalla canna al serbatoio: le nuove frontiere del biocarburante

La semplice canna comune, Arundo donax è il suo nome botanico, quella che cresce lungo i fossi o i margini delle strade, rappresenta il futuro dei biocarburanti, in particolare dell'etanolo che può essere addizionato alla benzina. In Brasile l’etanolo ricavato dalla canna da zucchero ormai è una realtà da oltre 30 anni, ma come fare per tradurre anche nei nostri climi questa possibilità che ci viene offerta dalla natura se la canna da zucchero in Italia non cresce? Impresa non facile, che ha richiesto 120 milioni di euro di investimenti e cinque anni di ricerche per arrivare a trovare la pianta più adatta e mettere a punto il processo di lavorazione ottimale.
L'impianto sperimentale di Rivalta Scrivia
L'impianto sperimentale di Rivalta Scrivia L'impegno è trovare prodotti alternativi al petrolio e diminuire la dipendenza dalle importazioni dall’estero che ogni anno costano al Paese miliardi di euro e, tramite i biocarburanti (che hanno un bilancio tra CO2 seqeustrata ed emessa quasi zero) diminuire le emissioni di gas serra. Ma qual è la sostenibilità economica del progetto? In parole povere: quanto costa un litro di bioetanolo? «Il bioetanolo è competitivo se il prezzo del petrolio non scende sotto i 60-70 dollari al barile». E in questi giorni le quotazioni sono intorno a 88 dollari, mentre un paio d’anni fa sono giunte anche a 140 dollari a barile.
CONVENIENZA – «Per essere conveniente, l’etanolo prodotto dalla canna deve però soddisfare altre condizioni: per esempio la cosiddetta filiera corta», spiega ancora l’ingegner Fano. «Stiamo realizzando un impianto pilota a Crescentino, in provincia di Vercelli, da 40 mila tonnellate di bioetanolo che entrerà in funzione nel 2012. Per alimentarlo sono necessarie canne raccolte un’area di 4 mila ettari, che però non devono provenire da una distanza superiore a 30-35 chilometri. Altrimenti le spese di trasporto e il consumo di carburanti diventano eccessivi e il gioco non vale più la candela». Secondo Fano, inoltre, l’impianto ideale dovrebbe avere una taglia di 150-200 tonnellate di bioetanolo, quindi occorrono 15-20 mila ettari coltivati a canna – che si raccoglie tutto l’anno - a una distanza non superiore di 70 km dall’impianto.
ESSENZIALE – Per arrivare a centrare il traguardo che l’Unione europea (e l’Italia) si è data con l’obiettivo 20-20-20, cioè entro il 2020 diminuire del 20% le emissioni di CO2, aumentare del 20% l’efficienza energetica e produrre il 20% dell’energia da fonti rinnovabili, nel nostro Paese sarà necessario produrre 1,5 milioni di tonnellate di bioetanolo. Quindi, come conferma Fano, bisognerà «coltivare» 150 mila ettari ad Arundo donaxe costruire 8-10 impianti per la produzione.

Paolo Virtuani  Corriere.it

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