“Paolo, oggi ci mettiamo le magliette rosse”.
Adriano Panatta ha deciso: per il doppio decisivo della finale di Coppa Davis vuole giocare con la maglia scarlatta. Non vuole né la verde né la blu, con cui ha vinto al Foro Italico in finale su Guillermo Vilas e al Roland Garros su Harold Solomon dopo aver battuto Björn Borg ai quarti
Il colore non è affatto casuale. Non è nemmeno un capriccio estetico: Ascenzietto, il figlio del custode del Tennis Club Parioli, segue il suo cuore, da sempre a sinistra, e la sua indole e provoca. Provoca Augusto José Ramón Pinochet Ugarte, il dittatore che ha cancellato la democrazia nel “primo 11 settembre”, quello del 1973, con un colpo di Stato che ha spinto il presidente socialista Salvador Allende al sacrificio estremo.
IL CAMMINO DELL' ITALIA.
L'esordio in Davis è piuttosto agevole, due successi per 5-0 contro Polonia e Jugoslavia. A luglio a Roma arriva la Svezia; Borg, fresco vincitore del suo primo Wimbledon, dà forfait e l'Italia si lancia verso la finale europea, contro gli inglesi, cui spetta la scelta della superficie. Prevedibilmente optano per l'erba. Si gioca nella cattedrale del tennis: il capitano azzurro, Nicola Pietrangeli, preferisce Tonino Zugarelli a Corrado Barazzutti. La scelta è vincente. Zugarelli vince su Roger Taylor, Panatta supera John Lloyd e, dopo la sconfitta in doppio nonostante tre match point sprecati e un quarto set-maratona, dà all'Italia il punto decisivo su Taylor.
A settembre, per la semifinale dell'Inter-zona c'è da affrontare l'Australia di John Alexander e John Newcombe, che forma anche una formidabile coppia di doppio con Tony Roche. Barazzutti batte Newcombe, Panatta perde da Alexander. Il doppio è azzurro, senza troppe difficoltà. Ma Alexander supera Barazzutti, Panatta deve aspettare il lunedì per vincere il suo Il racconto della finale
IL RACCONTO DELLA FINALE.
Non hanno molte speranze, i sudamericani, ma l'entusiasmo è altissimo, tanto che la capienza dello stadio viene aumentata da 4.500 a 6.000 spettatori. C'è anche Renato Vallanzasca, che dovrebbe essere latitante. Ma il bel Renè, secondo quanto afferma il giornalista Mario Campanella dopo una serie di interviste nel carcere di Voghera, si imbarca a Parigi sotto falso nome per trattare con le autorità cilene una latitanza mai concretizzata.
Luis Ayala, capitano del Cile, fa giocare Jaime e Alvaro Fillol, Patricio Cornejo e Belus Prajoux Nadjar. Chiama anche il giovane Juan Pedro Hans Gildemeister, che aveva fatto molto bene poche settimane prima in un torneo internazionale a inviti a Santiago (semifinale in singolare, vittoria in doppio con Cornejo. In tabellone anche Alvaro Fillol, fuori al secondo turno, ma vittorioso al primo su Bertolucci).
Nel primo singolare, sotto gli occhi dell'arbitro unico, l'argentino Enrique Morea, che dirige tutte le partite con la coppa sempre al fianco, Fillol parte meglio con Barzzzutti, che va sotto prima 0-4 poi 3-5 nel primo set, ma chiude 7-5. La regolarità dell'azzurro ha la meglio: finisce 7-5 4-6 7-5 6-1. Non c'è storia tra Panatta e Cornejo: 6-3 6-1 6-3 e due terzi di coppa prendono la via dell'Italia.
Quella del doppio, per tradizione, è la giornata della presentazione ufficiale: scambio di gagliardetti, inni nazionali. Sugli spalti non c'è un posto libero. Panatta convince Bertolucci, un po' restio inizialmente per timori di possibili ritorsioni, a iniziare in rosso. Il cambio cromatico sembra, perà non funzionare. I cileni danno tutto, e vincono facile il primo set. Ma secondo e terzo sono italiani. Dopo il riposo Italia avanti 5-3, 40-0, servizio Panatta. Paolo sbaglia il primo match point, Filiol e Cornejo annullano secondo e terzo. La tensione è al massimo. Altro match point: servizio profondo e risposta a rete di Fillol. Dopo tre ore di battaglia e paura, è finita. La prima Davis italiana diventa realtà. Dopo la pausa, alla fine del terzo set, Panatta e Bertolucci si erano cambiati, abbandonando la maglietta rossa.
Il trionfo imminente andava celebrato in azzurro.
STORIEDISPORT.IT
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