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lunedì 10 maggio 2010

IL SESTO LIBRO DELLO SCAFFALE è: FONTAMARA DI IGNAZIO SILONE


Fontamara è il romanzo più noto di Ignazio Silone. Tradotto in innumerevoli lingue, ha ottenuto ampio riconoscimento di pubblico in tutto il mondo. La sua descrizione di un universo contadino, disperato ed immutabile nel tempo, ha trovato ampi riscontri in luoghi remoti rispetto alle montagne dell'Abruzzo, dove è ambientato il romanzo (un esempio è il Giappone).

Fontamara è un paesino arretrato economicamente e tecnologicamente; i Fontamaresi guardano il mondo esterno sapendo di non potervi mai prender parte. Fontamara era e sarà uguale a se stessa per sempre, non cambierà nulla e ogni anno sarà uguale a quelli precedenti e a quelli successivi: prima la semina, poi l'insolfatura, in seguito la mietitura e, infine, la vendemmia.

In questo universo contadino, sia le catastrofi naturali che le ingiustizie vengono subite passivamente; ecco perché nella premessa tutta la vicenda di Fontamara, ovvero la rivendicazione del diritto all'acqua, è definita come "un fatto strano".

Semplice nella trama e nel linguaggio, il romanzo ha a volte il tono di una fiaba, ma assume nel complesso un aspetto epIco.

Un altro aspetto del libro è la denuncia contro i potenti e le autorità.
L'azione di denuncia è volta anche contro il fascismo; infatti attraverso l'episodio di Berardo l'autore ci presenta la realtà della censura e dei tentativi d'insurrezione attraverso la stampa clandestina che incitava la gente alla disobbedienza e alla ribellione. Silone descrive anche l'aspetto violento di quell'epoca, ovvero la dura repressione contro i rivoluzionari attuata anche con la pena capitale.
I “cafoni” sono i miseri contadini meridionali proprietari al massimo di un asino o di un mulo, non hanno mezzi per difendersi e vivono in una perpetua ignoranza di cui approfitta persino colui che è considerato “l‘amico del popolo”, Don Circostanza, che rappresenta insieme la difesa e la rovina dei fontamaresi; la loro vita si ripete uguale di generazione in generazione segnata dal lavoro e dalla fatica. Essi sono consapevoli della disperata condizione in cui vivono, come spiegano ad un forestiero.

« In capo a tutti c'è Dio, padrone del cielo.
Questo ognuno lo sa.
Poi viene il principe di Torlonia, padrone della terra.
Poi vengono le guardie del principe.
Poi vengono i cani delle guardie del principe.
Poi, nulla.
Poi, ancora nulla.
Poi, ancora nulla.
Poi vengono i cafoni.
E si può dire ch'è finito. »
(da "Fontamara")

Il nome Fontamara racchiude in sé già un destino di sventure e sofferenze, inventato appunto dall'autore per rispecchiare meglio la realtà del paese. Quasi tutti i nomi dei personaggi del romanzo non sono casuali: Don Circostanza, infatti si adegua alle diverse situazioni tenendo prima la parte dei contadini, quindi quella degli agiati cittadini, cercando sempre un tornaconto personale; Don Abbacchio il prete, richiama il verbo “abbacchiare” infatti egli non farà altro che deprimere i poveri abitanti della Marsica, ignorando persino il suicidio di Teofilo, sacrestano della chiesa di Fontamara; Don Carlo Magna è il ricco proprietario terriero; l'Impresario, il podestà abile a speculare su alcuni terreni acquistati da don Carlo Magna a poco prezzo e sui quali farà deviare l'acqua del ruscello di Fontamara riducendo alla miseria i cafoni; Innocenzo La Legge, il messo incaricato di portare i nuovi ordinamenti dalla città.

Berardo Viola, protagonista maschile del romanzo, è l’eroe del paese, violento ma altruista è il primo a sacrificarsi tra i cafoni per il bene della collettività: i cafoni infatti erano stati raggirati di continuo ed ogni appello ai notabili del paese risultava inutile poiché questi difendevano sempre gli interessi del ricco podestà, si ritrovavano così sempre più poveri ma ognuno non aveva pensato che al proprio appezzamento di terra, a se stesso. Attraverso il suo personaggio Silone sembra sottolineare il bisogno che qualcuno muova all’azione, ponga fine alla totale indifferenza dei “cafoni”, sempre più sfruttati e tenuti nell’ignoranza dal nuovo regime che li induce lavorare in modo duro ed estenuante.

I cafoni non avevano mai rappresentato una vera minaccia per i gerarchi della potente città, da cui erano sempre stati osteggiati grazie alla cultura ed all’ingegno ma, nel momento in cui provano anche questi ad avvicinarsi al mondo scritto, sentiti come una forte minaccia vengono rapidamente fatti scomparire.

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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