I fedeli che si sono affidati e che si affidano al momento cratofanico del sangue che si scioglie sono statI salvati dalla fame, dalla peste, dalla lava del Vesuvio, dai terremoti e saranno salvati dalle malattie dai momenti critici e da ogni stato di trascendenza irrelata. Il Santo a cui le cosiddette ‘’parenti di S Gennaro’’ rivolgono preghiere di protezione, difesa e consolazione è presente e vivo “ Potenzia di S Gennare, pruteggetece, Sangue di S Gennare, defendetece”.
Con San Gennaro si instaura un rapporto amicale: Troisi in una scenetta intitolata a San Gennaro si preoccupa innanzitutto che il Santo lo riconosca e non lo confonda con un altro fedele: “ nun vulesse ca o’ fatt che tu pierde tutto chillo sanghe, ogni anno, pe’ fa’ o miracolo, he capito…nu poco d’anemia, ‘na cosa…accummence a vede’ na faccia pe’ nata…che, vide buone, eh, S Gennà… iss tene’ a barba, è curto…”
A lui in qualità di perfetto fedele si rivolge in termini molto confidenziali: lo chiama Gennà, lo vezzeggiaGennarì, lo si lusinga per propiziarselo ‘’S Gennà , tien tant grazie a fà prime e me figuriamoci mò. A San Gennaro ci si rivolge non solo per ottenere grazie ma anche per vincere al gioco del lotto e non a caso la mascotte della squadra del Napoli si chiamava “Gennarì”. Anche quelle che possono apparire come ingiurie, “faccia ngialluta”, oppure “Santu Guappone”, sono in realtà vezzi ed epiteti confidenziali che i fedeli rivolgono con gesti ed enfasi di sapore tutto partenopeo ad una figura potente che si manifesta in carne ed ossa come presenza reale visiva.
Circa una quarantina di anni fa la Chiesa di Roma fece capire che all'esistenza di San Gennaro non credeva troppo: "Abbiamo tanti dubbi, lo eliminiamo anche dal calendario". La curia di Napoli si offese e si fece sentire: "Nun pazziamm, San Gennaro c'è stato, San Gennaro ci deve essere stato". Allora il Vaticano le venne un po' in contro: "Voi questo San Gennaro lo volete proprio? E va bene, lo rifacciamo santo. Però ve lo tenete voi, il suo culto avrà una diffusione esclusivamente locale". San Gennaro diventava un Santo minore, un santo ammaccato, un santo di serie B. E il primo pensiero che venne in mente ai napoletani fu:"Gesù, vuoi vedere che mo il santo si è offeso?". Bisognava consolarlo. E sui muri della città apparvero scritte per tirarlo su, come questa rimasta celebre:SAN GENNA', FUTTATENNE
. E c’era chi invece, dopo la cancellazione da parte della Chiesa del nome di Gennaro tra i Santi che contano, come il noto musicista Renato Carosone invocava il suo ritorno in una canzone mai pubblicata prima della sua morte: ‘‘Da quanno t’hanno miso for a porta, le cose vanno storte S Gennà…torna, nun te fa cchiù aspettà! A siente o nun’ a sient a voc’ e sta città? Da quanno esiste a’ fede e a ‘ religione’e santi so speranze ‘e tutte cose e non si può così improvvisamente fa un licenziamento comm hann fatto a te. Senza mancà ‘e rispetto a Pietro a Paolo a Ciro, Gennaro cà nisciuno è meglio ‘e te. Torna San Gennà! E pigliate a tangenziale e fat o’ gir d’’ a città…T’aspettamme ccà!’’
Il Santo diventa nella cultura popolare un uomo comune, soggetto ad immotivate forme di licenziamento senza giusta causa: è il Sacro che scende nel quotidiano, percorre la tangenziale per farsi vedere in città, nei vicoli, nei bar, nelle crude strade di Forcella e della Sanità. Il Sacro deve necessariamente entrare nel profano affinché muti la sua condizione di impotenza e di impurità ed ottenga quella garanzia di senso di cui è privo.Dunque il mistero di San Gennaro rientra nella dimensione potente del Sacro: San Gennaro è Sacroperché è potente ed è potente perché dà realtà e senso al mondo e all’ uomo, perché è l’unico detentore di realtà e senso.
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